martedì 26 aprile 2011

La lotta di Liberazione a San Giuliano Terme

Nota Anpi Da parte della popolazione di San Giuliano Terme non vi fu mai una adesione massiccia al fascismo. Gli antifascisti esplicarono sempre una notevole attività di opposizione, anche passiva, creando piccole biblioteche circolanti clandestine, che trovavano appassionati lettori, soprattutto tra i giovani che venivano educati ad una lotta antifascista sempre più cosciente e proficua.Vi furono numerosi nuclei di attivisti clandestini ad Asciano, Campo, San Giuliano, Pontasserchio, dove operarono contadini, operai delle fabbriche, giovani che tenevano riunioni in case private, nei cascinali, nei boschi, sul lungomonte pisano e nelle altre frazioni del Comune di San Giuliano Terme. I lunghi anni di Resistenza e di opposizione al fascismo condotti nella clandestinità, le persecuzioni che colpirono alcuni antifascisti del Comune di San Giuliano come Vanni Utilio, morto a seguito delle percosse subite il 12 gennaio 1924 e Guidi Gino detto "il magrino”, condannato dal Tribunale Speciale Fascista a 11 anni di reclusione, furono una sorta di scuola dell’antifascismo che alimentò gli ideali di giustizia sociale e di libertà che costituirono il presupposto fondamentale per l’acquisizione, da parte soprattutto dei giovani, di una coscienza politica che fu il fondamento della Resistenza e della Lotta di Liberazione.L’antifascismo non fu solo prerogativa maschile. Tante sono state le donne antifasciste che poi si sono trasformate in resistenti quasi senza saperlo, quando hanno difeso i loro uomini: mariti o figli o fratelli, durante le spedizioni punitive dei fascisti o si sono rese interpreti del malcontento popolare e del disagio economico, come quando a Pisa una giovane popolana, “la Lina”, assaltò un furgoncino di pane destinato ai gerarchi fascisti e ne iniziò la distribuzione; o come quando nel luglio 1941 ad Asciano una trentina di popolani guidate da Maria Costa prese d’assalto le panetterie del paese, gettando lo sgomento nelle fila dei fascisti, che la sera convocarono nella Casa del Fascio numerosi antifascisti percuotendoli brutalmente. Quando il 25 luglio 1943 cadde il fascismo, spontanea e consistente fu la manifestazione popolare a favore di un cambiamento che molti nella zona di San Giuliano avevano atteso per anni.Subito dopo l’8 settembre del ’43 il Comune di San Giuliano divenne centro attivo di Resistenza e di organizzazione popolare alla lotta di liberazione dal Nazismo, che aveva preso posto del fascismo ad esso prostituitosi. Con l’elezione e la fattiva collaborazione della popolazione delle varie frazioni del Comune sorsero e divennero particolarmente attivi i G.A.P. e le S.A.P. di cui era responsabile amministrativo Ovidio Tilgher, che prepararono il terreno alla costituzione di una formazione partigiana sui monti pisani che nacque a seguito di una riunione del C.L.N. tenutasi nell’aprile del 1944 nella villa dell’insigne matematico Leonida Tonelli. La formazione ebbe il nome di “distaccamento d’assalto Nevilio Casarosa” della 23a Brigata Garibaldi. Nevilio Casarosa operaio falegname appassionato cultore di calcio e di ciclismo era stato comandante del G.A.P. del basso Val d ‘Arno ed era caduto nei pressi di Cascina il 1 luglio del 1944.Il primo comandante della formazione fu il capitano di carriera Luigi Franceschi, al quale subentrò il tenente Ilio Cecchini, affiancato dal vicecomandante Gioiello Mariotti e dal commissario politico Franco Russoli. Comandante del gruppo che operò a Molina di Quosa fu Fosco Dinucci. La maggior parte della popolazione allora sui monti, costituita dagli abitanti del piano e da numerosi sfollati da Pisa e da Livorno a seguito dei numerosi bombardamenti aerei, collaborava attivamente con i partigiani, fornendo preziose informazioni e ricevendo a sua volta, dai partigiani aiuti nell’approvvigionamento di carne e di altri viveri. Numerose furono le azioni delle formazioni dei G.A.P. e delle S.A.P. coll’aiuto delle donne, che avevano costituito i “gruppi di difesa della donna”; degne di nota sono le staffette della formazione: Unica Guelfi e Leonetta Mariotti.Va ricordato che l’approvvigionamento di armi e munizioni alla formazione si otteneva con l’assalto alle caserme della Milizia, come quello alla caserma di Asciano nel giugno del 1944, che consentí di raccogliere tante armi da dovere essere trasportate con un barroccio. Importante fu la distruzione di un osservatorio tedesco posto nella villa Saggesi sul monte, tra Asciano e Agnano, osservatorio che consentiva ai tedeschi di spiare inosservati i movimenti degli Alleati che si stavano avvicinando alla sponda sud dell’Arno, dove poi rimasero attestati, putroppo per 45 giorni, costituendovi la linea del fronte.Il fatto d’arme più importante della formazione, fu l’assalto alla villa Leoli, dove aveva sede il comando tedesco, il 24 luglio 1944. Fu un vero e proprio combattimento in cui rimasero sul terreno 8 tedeschi e 2 giovani partigiani: Paolo Barachini e Pirro Capocchi, falciati dalla mitragli tedesca.Della formazione facevano parte anche 20 turkestani, 7 russi, 2 tedeschi di Berlino, 2 tedeschi di Bolzano, 2 sudafricani, 4 americani, 2 iugoslavi, 1 medico austriaco, 1 alsaziano.Due russi caddero nello scontro del 10 agosto sul monte Pruno. Trai caduti merita un ricordo particolare Licia Rosati di 24 anni assassinata dalle SS tedesche. Licia era sorella di Faliero Rosati, una delle figure più importanti dell’antifascismo militante della provincia di Pisa e animatore della formazione.Il maresciallo Kesselring aveva emanato, il 17 giugno del ’44, un ordine perentorio in cui affermava: “la Lotta contro le bande dovrà essere condotta con tutti i mezzi disponibili e con la maggiore asprezza. Difenderò qualsiasi comandante che nella lotta e nel rigore dei mezzi impiegati abbia oltrepassato la misura moderata che noi consideriamo normale, nella convizione che per conseguire il successo va meglio un errore sulla scelta dei mezzi che una omissione o una trascuratezza... Esistono località e talvolta zone intere in cui ciascuno, uomini, donne e bambini, sono vincolati in qualche modo con le bande in qualità di combattenti di assistenti, di collaboratori. Quindi bisogna agire secondo i dettami delle leggi militari e non in base ai sentimenti”.E in questo disegno di repressione sanguinaria, assassinii ed eccidi bagnarono il territorio della provincia di Pisa e del Comune di San Giuliano: Gello, Ghezzano, Asciano, San Giuliano, Colignola, Agnano, Rigoli, fino a giungere alla strage della Romagna, a Molina di Quosa, che costò la vita a 69 civili, tra cui la giovane insegnante Livia Gereschi che si era offerta di parlare agli aguzzini tedeschi per spiegare, nella loro lingua, che si trattava solo di sfollati.L’ulteriore durata di questa situazione sarebbe stata distruttiva per tutti partigiani e civili. Ma l’attività della formazione influì sull’andamento della guerra: favorì infatti lo sforzo degli alleati sulla fascia adriatica e determinò una più rapida ritirata dei tedeschi, ai quali non riuscì il disegno di rastrellare e deportare intere popolazioni da Pisa, da Lucca e dalle Apuane proprio per l’azione delle formazioni partigiane, dei G.A.P. e delle S.A.P., che furono sempre molto attive fino al giorno della Liberazione.San Giuliano venne liberata il 2 settembre del 1944 quando truppe americane della Divisione Buffalo oltrepassarono l’Arno e guidate e accompagnate dai partigiani della formazione “Nevilio Casarosa”, raggiunsero la città di Pisa alle 7 del mattino, accolte da una folla festante.Quasi a voler completare l’opera di liberazione del nostro paese, numerosi partigiani della formazione si arruolarono nella stessa Divisione Buffalo e posteriormente nella divisione italiana Cremona dall’VIII armata americana e combatterono con estremo valore nelle battaglie di Serravezza, Monte Belvedere, Sant’Alberto Vergato, Mezzano e Alfonsine nei pressi di Ravenna.Il primo sindaco della Liberazione a San Giuliano nominato dal C.L.N. e poi regolarmente eletto dalla popolazione, fu Ottorino Dinucci di Pontasserchio, il cui figlio Fosco era stato comandante di un gruppo della “Nevilio Casarosa” che aveva operato sui monti della Romagna a Molina di Quosa. GIULIANO FILIDEI Segretario della sezione A.N.PI. di Pisa e San Giuliano 1994. Documento estratto dalla pubblicazione “LA RESISTENZA NEL COMUNE DI SAN GIULIANO TERME” nel Cinquantennale della Resistenza e della Liberazione. Realizzato dal Comune di San Giuliano Terme, in collaborazione con ANPI e Amministrazione Provinciale di Pisa.