martedì 26 aprile 2011

Nella propria coscienza sta la critica.

Voglio iniziare questa breve nota con un’enunciazione di principio che nessun realismo politico può contraddire. Ci sono questioni etiche e morali fondamentali in un individuo, che attengono alla propria coscienza e che devono essere rispettate; quali che siano le conseguenze che tali scelte potrebbero generare. Se si tenta di forzare la coscienza di qualcuno o peggio ancora se forziamo da soli i nostri principi, si produce solo cattiva politica, qualunque sia l’obiettivo. Faccio l’amministratore da molto tempo, ho ricoperto e ricopro incarichi di responsabilità da più di venti anni. Ho discusso, mediato, sottoscritto, rispettato e lavorato giorno e notte per affermare programmi di legislatura, frutto di sensibilità diverse, sempre per il bene comune. Ho contribuito con forza a inserire nei programmi e a praticarli i temi della pace e del pacifismo, della responsabilità e della legalità, della non violenza e dell’accoglienza. A San Giuliano, quando ero Sindaco, ho iniziato una collaborazione con Emergency e con la Tavola della Pace di Assisi, fin dall’inizio della legislatura. Ho sempre interpretato il concetto di pace, fin dai tempi del mio lavoro all’Arci, come obiezione di coscienza alla guerra e ai suoi simboli. Ho conosciuto Tiziano Terzani che ebbi la fortuna di ospitare a San Giuliano, Tom Benetollo dell'Arci e Flavio Lottti della tavola della pace; e poi don Luigi Ciotti, il grande Alexander Langer, Teresa e Gino Strada; e a Pisa don Armando Zappolini, Giorgio Gallo, Renzo Maffei, Fabrizio Fabbri, oltre ai miei compagni dell'Arciragazzi, con i quali mi sono formato. Ma ho apprezzato e letto e riletto anche il grande Pietro Ingrao pacifista e sostengo la ricerca sulla pace e la non violenza di Nichi Vendola; e poi decine e decine di educatori e insegnanti, giovani e meno giovani, con i quali ho condiviso nel corso della mia formazione-militanza politica amministrativa questi ideali. Non ho mai imposto il mio modello a nessuno: certo l’ho praticato e lo pratico tuttora, in tutto quello che faccio. Mi sono opposto a tutte le guerre "guerre umanitarie", sempre! Lavorando insieme ad altri per capirne le ragioni, anche di certa Sinistra, alla quale ho appartenuto e appartengo orgogliosamente. Ho sempre pensato e penso, che lo sforzo per la ricerca di altre strade sia preferibile a percorrere quella lungo la quale si aggiungono morti ai morti, come ci ricorda sempre lo stesso Gino Strada. Sono membro della giunta provinciale, al cui interno su questi temi coesistono sensibilità diverse. Se scandagliassi gli animi dei miei colleghi a cui sono legato anche affettivamente, credo che con alcuni di loro, sensibilità diverse emergerebbero anche rispetto ad altri temi: quello dell’aborto per esempio, che io approvo e non pretendo di imporre a nessuno; e chissà quante altre questioni, che attengono alla sfera della coscienza, potrebbero non trovarci in sintonia. Problemi di coscienza seri, che non possono essere piegati ai programmi di legislatura. Ho spiegato così al presidente Andrea Pieroni – con cui lavoro da sette anni e con il quale ho avuto uno scambio di opinioni leale e che tra l’altro non mi ha chiesto di approvare nessun atto (ma se fosse avvenuto, avrei fatto obiezione di coscienza) - che non mi pare opportuna l’iniziativa nella caserma Gamerra. Nel dire questo credo di non essere nemico di nessuno sul piano politico, né ce l’ho con le forze armate. Tantomeno non devo ribadire, come hanno già fatto in molti, che l’iniziativa dell’associazione Ciardelli è encomiabile e che ben vengano forme di integrazione fra militari e società civile. Ma in caserma meglio no; la caserma rimane luogo-simbolo complesso, certamente non di pace; e soprattutto non portandoci i bambini che non hanno gli strumenti per decodificare certi simboli. Sono altresì convinto che si sarebbe potuto, con un po’ di volontà, rinunciando tutti a un pezzo delle nostre certezze, trovare un modo per unire anziché dividere, come sta accadendo. Ma soprattutto, come mi ha detto un amico prete rammaricato, credo si sarebbe potuto avviare una riflessione “sul male minore”, quello col quale si giustifica sempre tutto e col quale non si fanno mai i conti. Invece non ce l’abbiamo fatta, peccato; e per qualche giorno vivremo in mezzo alle accuse politiche reciproche e ancor più, in mezzo ai silenzi sempre più forti di chi non capisce. E invece è tutto lì: nella propria coscienza sta la critica. E solo quando riusciremo a vedere meglio la critica nelle coscienze degli altri, affronteremo anche i dubbi approfondendoli, senza rimuovere mai. Procedere per rimozioni, appunto, o peggio ancora per certezze assolute, è quello che troppo spesso ci succede in questi tempi bui. Abbiamo il dovere di riflettere insieme in futuro. Un abbraccio a tutti, Gabriele Santoni