domenica 14 agosto 2011

Edizione straordinaria 3 Intervista Vendola all'Unità

Dimettiti e fallo con fragore per sempre e a attuttelore, nonsenepolepiù!

Una manovra irresponsabile e dilettantesca, che mira a dare l’impressione di una disciplinata obbedienza a Bruxelles, ma che in realtà è una devastazione senza precedenti dei servizi sociali e dei diritti del lavoro». Nichi Vendola, leader di Sel e presidente della Puglia, usa il bazooka contro le ricette anti-crisi di Berlusconi e Tremonti. «Vogliono intestare a sindaci e presidenti di Regione la responsabilità del tracollo del welfare».

Il premier dice che gli gronda il cuore di sangue…

«La verità è che il sangue più che dal cuore del presidente del Consiglio si tirerà fuori dalle vene degli italiani meno ricchi».

Se a Palazzo Chigi ci fosse stato lei, come avrebbe reagito alla crisi dei titoli italiani?

«Aprendo un negoziato con i partner europei, a partire dai paesi fondatori dell’Unione, una discussione vera su un punto cardine. Le istituzioni politiche di questo continente stanno subendo una sorta di commissariamento globale che ne inibisce la vita democratica. Altro che “casta”, ormai la politica è ridotta a fare la sentinella della vera casta, quella della finanza, delle banche. Per superare la crisi bisogna capirne le radici: negli ultimi 25 anni un pezzo enorme di ricchezza è stato tolto al lavoro e offerto ai riti sacri del liberismo. E ora che questo turbocapitalismo si schianta, la destra pensa di uscirne colpendo nuovamente il lavoro? Di fronte a questa deriva serve non uno, ma cento scioperi generali».

Ma di fronte all’urgenza della crisi, lei cosa avrebbe fatto?

«La fretta è colpa di chi per tre anni ha manipolato la realtà, come Tremonti, che ha nascosto l’impoverimento dell’Italia reale, e ha spinto i tagli nella direzione più autolesionista, come innovazione e ricerca».

Torniamo a cosa farebbe lei…

«Ripeto: aprire un negoziato sui vincoli dell’Europa monetaria. Se la crisi nasce anche dalla debolezza politica dell’Europa, la sinistra europea deve iniziare a uscire dalle macerie del blairismo e prendere il toro per le corna: bisogna costruire gli elementi politici fondanti dell’Europa, a partire da una politica estera e da un esercito comune. Quanti miliardi si possono risparmiare ? E ancora: di patrimoniale parlava persino Luigi Einaudi. Al reazionario Sacconi, che pensa che la distruzione del contratto collettivo sia uno stimolo alla crescita, domando: è vero o no che i momenti migliori per l’economia hanno coinciso con i momenti di maggiore forza per il sindacato, i redditi, i diritti?».

Cosa suggerisce alle opposizioni parlamentari rispetto alla manovra?

«La smettano di parlare di responsabilità nazionale e di senso dello Stato. L’unica responsabilità che dobbiamo sentire oggi è difendere la vita e i diritti di milioni di famiglie».

Ma l’invito alla responsabilità arriva anche dal Quirinale…
«Il presidente Napolitano ha interpretato il senso dello Stato anche come un ruolo di surroga rispetto al governo, è stato il garante di un paese in cui le istituzioni di governo davano prove indecorose. Per me il senso dello Stato significa una contestazione radicale della crudeltà sociale di questa manovra».

E i miliardi dove si prendono?

«Convocando i ceti possidenti e aprendo una vera anagrafe delle ricchezze per recuperare le risorse, centinaia di miliardi, da quell’area di illegalità che è stata coccolata e incoraggiata dal centrodestra».

Di Pietro parla di manovra con luci e ombre…

«Non mi pare un’analisi concreta, ma un posizionamento nel teatrino della politica. Non vorrei che i più a sinistra di tutti fossero Alemanno e Formigoni…».

Con cento scioperi generali e barricate l’Italia non rischia di perdere altri colpi sui mercati?

«Perché oggi l’Italia è un Paese credibile sulla scena internazionale? Gli scioperi sono sempre stati uno strumento di costruzione della coesione sociale».

Resta solo la piazza?

«Il nostro compito oggi è organizzare una grande ribellione democratica. Senza questa, si rischia un diffuso ribellismo».

Come a Londra?

«Come a Parigi, in Spagna e anche a Londra, con peculiarità diverse. Se la politica non mette in campo un’alternativa ci saranno processi di insubordinazione figli di una società della precarietà e della disperazione».

Le elezioni anticipate possono essere una soluzione?

«In qualunque altro paese civile avremmo già votato: bastava uno solo degli scandali che ha travolto questo governo. Eppure vedo una instabilità nella maggioranza che si trasforma in una paradossale stabilità, dettata dalla paura per la rabbia che monta nella società».

Crede che Tremonti resterà ministro?

«Ormai è un personaggio da letteratura, o da psicanalisi. Un ministro che si comporta come un intellettuale No Global, con giudizi sprezzanti sulla finanziarizzazione dell’economia globale. Dimenticando che lui è da 10 anni il padrone dell’economia italiana, e non può fare l’analista distaccato del fallimento di un ciclo economico. Lui è il fallimento dell’Italia, è la malattia, non la medicina».

E dunque che succederà?

«Ha bruciato tutti i ponti, ha consumato vendette interne anche in questa manovra. È un uomo solo in trincea. È molto probabile che ceda il passo davanti allo scandalo che lo scalfisce, uno più seri della storia recente».

Andrea Carugati
Intervista pubblicata su l’unità



Lettera di Nichi Vendola

Care compagne e cari compagni,


viviamo un passaggio d’epoca che ha la potenza e la crudeltà di una guerra, sentiamo l’odore di un temporale che talvolta sembra somigliare al diluvio universale, sappiamo che verranno giorni difficili e amari per il nostro Paese. La crisi è stata colpevolmente negata, occultata, esorcizzata dai pubblicitari di Palazzo Chigi. Oggi questa crisi esplode, continua ad esplodere ogni giorno, percuote il mondo nostro come una febbre misteriosa e crescente. La propaganda non può nascondere la realtà. Non è solo una crisi finanziaria, ma una crisi globale: divora la geografia delle classi sociali, minaccia l’esistenza del ceto medio, riduce il glorioso Welfare all’attivismo caritatevole delle opere pie. Tutto cambia, tutto frana, tranne l’intangibilità degli universi blindati della ricchezza, della speculazione, della rendita. C’è la crisi e quindi, cosi dice questa Europa indecente, occorre tagliare la spesa sociale, comprimere i redditi, razionare i servizi, ridurre i diritti. La politica, colpevolmente genuflessa dinanzi alla signoria del mercato, oggi appare impotente e balbettante. Nulla di concreto si può dinanzi alle piroette speculative dei mercati. E l’Italia si presente a petto nudo al cospetto di questi mostri indomabili che movimentano denari e distruzione: abbiamo una classe dirigente travolta dalle proprie faide intestine e dall’urto degli scandali. Berlusconi e Tremonti sono le principali ragioni della vulnerabilità italiana, sono il vertice di un potere privo ormai di legittimazione morale, e rappresentano la versione casereccia di quel rigorismo a senso unico che sta impiccando il vecchio continente all’albero del patto di stabilità. Si insegue il miraggio del pareggio di bilancio, affamando il Paese, deprimendone l’economia, non affrontando i nodi di una moderna politica industriale, definanziando l’innovazione e la ricerca, spezzando il cuore della pubblica istruzione. Si vuol curare l’ammalato con una medicina letale. In questo contesto appare esitante il profilo di alternativa delle opposizioni parlamentari in Italia. In verità è la sinistra europea che appare incapace di guardare con coraggio a questa deriva e di reinventarsi. Così l’Europa muore, l’Italia affoga in un post-berlusconismo fatto di macerie e di qualunquismo, la sinistra si consegna alle bancarelle come un gadget per turisti. Non possiamo star fermi, assistere a questa discesa agli inferi senza reagire. Le giovani generazioni e parti rilevanti di opinione pubblica chiedono segno tangibile, credibile, radicale di cambiamento. Scontiamo anche la poca credibilità di una rappresentanza parlamentare ostaggio delle nomenclature di partito, con un sistema elettorale che riesce a umiliare i principi del pluralismo democratico non garantendo alcuna stabilità politica.

Per questo vi chiedo di predisporre i banchetti per la raccolta delle firme per promuovere un nuovo referendum: abroghiamo il porcellum, cancelliamo una legge-vergogna, poniamo il tema di un nuovo sistema elettorale. Non vedere la crisi della democrazia, non reagire alla crisi della democrazia, comporta conseguenze assai gravi per la qualità e la moralità della politica. Organizziamo banchetti, chiediamo le firme, parliamo con i cittadini, segniamo la presenza di una politica capace di ascoltare. Prepariamoci all’autunno. Prepariamoci a tornare in piazza, accanto ai movimenti, con i giovani, lavoriamo perché l’indignazione diventi energia politica e culturale.

E il 1° ottobre noi di Sinistra ecologia e libertà prepariamoci a riempire una grande piazza di Roma. Fare piazza, intrecciare parole di verità e di ribellione, rendere visibile la voglia di cambiare, aiutare l’Italia migliore a uscire dal guscio della paura e del rancore. Il tempo dell’alternativa è ora.

Nichi Vendola