mercoledì 23 maggio 2012

Dopo Brindisi...

Questo è il testo dell'intervento fatto alla manifestazione a Pisa dopo i fatti di Brindisi.
Ringrazio il direttore di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani, prezioso come sempre.




Carissime, carissimi. Un saluto dal Coordinamento Provinciale Antimafia e dall’Associazione dei Comuni per la legalità, Avviso Pubblico.

 Non sappiamo se sia stata la mafia a mettere un ordigno davanti all’istituto superiore “Falcone-Morvillo” di Brindisi. Di una cosa abbiamo tuttavia certezza: la mafia teme più la scuola che la giustizia. Lo disse Antonino Caponnetto, il magistrato che aveva dato vita al pool antimafia di Palermo, dove lavoravano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un uomo capace, intelligente e coerente Caponnetto, che dopo le stragi siciliane del 1992, all’età di settantadue anni iniziò un pellegrinaggio quotidiano fatto di incontri con migliaia di giovani studenti di tutta Italia per parlare loro di legalità, di giustizia, di uguaglianza, di mafie e di antimafia, di memoria e di impegno.

“Nonno Nino”, così lo chiamavano i ragazzi, lo aveva capito molto bene: la scuola fa paura ai mafiosi e a chi si oppone al cambiamento. Anche il giudice Gherardo Colombo, oggi presidente della Garzanti, ha fatto degli incontri con gli studenti nelle scuole a parlare di Costituzione, il suo lavoro quotidiano. Perché la scuola, quella vera, come l’Istituto “Falcone-Morvillo” di Brindisi, non si preoccupa solo di istruire, ma anche di educare i giovani. Educarli ad essere cittadini, liberi e consapevoli, dei loro diritti e dei loro doveri. La scuola insegna ad emanciparsi, ad essere responsabili delle proprie scelte e dei propri comportamenti, mentre i mafiosi e i criminali in genere vivono e prosperano laddove è diffusa una cultura della sudditanza, del cinismo, della violenza, del menefreghismo, dell’indifferenza, dell’individualismo, della connivenza e della complicità. La scuola: una casamatta che afferma i valori della Costituzione. Un baluardo inespugnabile se giustamente condotta.

A chi invocava l’invio dell’esercito in Sicilia per lottare contro la mafie, il grande scrittore Gesualdo Bufalino rispondeva che certamente serviva un esercito, ma composto di maestri non di soldati e generali.

Melissa Bassi, la giovane studentessa uccisa davanti alla sua scuola era di Mesagne, una città in provincia di Brindisi, dove nei primi anni ’80 il mafioso Pino Rogoli, con l’aiuto della cosca ‘ndranghetista dei Bellocco di Rosarno, diede vita alla mafia pugliese, denominata Sacra corona unita (Scu).

Oggi Mesagne non è più conosciuta come la patria fondativa della Scu, ma come una città che ha iniziato un percorso di liberazione dalle mafie, una città che ospita la cooperativa sociale Terre di Puglia – Libera Terra, una realtà fatta di giovani che coltivano diversi ettari di terreno confiscati al crimine organizzato, producendo vino, olio e altri prodotti genuini, presentati anche all’ultimo Vinitaly di Verona, e dotati di una vitamina particolare: la vitamina L, come Legalità. Il coordinamento antimafia pisano ha proprio lì promossa una missione nel 2008. Fra il vino Negramaro e tanti giovani sorridenti.

Così come abbiamo fatto a Corleone o a Castelvolturno, a Lentini o Isola capo Rizzuto, a Polistena o San Giuseppe Iato.

Anche il Sindaco di Mesagne Franco Scoditti ha voluto lanciare un messaggio sostenendo che “oggi Mesagne può a ben titolo rivendicare lo status di capitale pugliese dell’antimafia sociale, costituendo un esempio luminoso per molte e differenti realtà nazionali e internazionali, che qui giungono ad apprendere i modelli realizzati di promozione della legalità e lotta alle mafie.” E per testimoniare la nostra vicinanza il 29 maggio, col presidente di Avviso Pubblico Campitoti, sindaco di Certaldo e il direttore Pierpaolo Romani, ci recheremo proprio a Mesagne per una grande manifestazione a favore della legalità.

Di questa trasformazione ne sono stati testimoni anche molti studenti che nel corso degli anni, grazie a progetti finanziati dalle istituzioni, hanno fatto una serie di viaggi della legalità  proprio a Mesagne, incontrando i rappresentanti del Comune, delle scuole, delle associazioni e della cooperativa. Molti sono gli studenti  che partono dalla Toscana per dedicare un po’ delle loro vacanze al lavoro sui beni confiscati di molte realtà del sud.

Per questo vogliamo da qui ribadire con forza al governo che i beni confiscati alle mafie non devono essere venduti (anche perché le organizzazioni criminali li ricomprerebbero) ma utilizzati a fini sociali. L’antimafia sociale chiede questo. Per questo qui ribadiamo l’impegno del coordinamento antimafia della Provincia, a continuare a sostenere quei giovani che in molte trincee del sud resistono per affermare i valori della Costituzione e della giustizia sociale, insieme a Sindaci eroici come ci sono a Isola Capo Rizzuto o Rosarno o Monasterace. Tre sindaci donna, che hanno aderito al Codice Etico, la Carta di Pisa proposta da Avviso Pubblico, che chiede il rinnovamento della politica dal basso, così come hanno fatto molti sindaci del nostro territorio, la città di Pisa in testa. E che ringrazio con forza e affetto.

Il 2 giugno, giorno importante per l’Italia, il coordinamento pisano per la legalità, insieme a don Armando Zappolini e alcuni amministratori pisani, sarà a Naro di Agrigento ad iniziare il prossimo progetto, che terminerà dopo Natale con la consegna di una somma di denaro, (raccolta insieme alle scuole, alle associazioni del nostro territorio e ai nostri comuni, che ringrazio con affetto), ai giovani delle cooperative di quelle terre, che da poco hanno dato vita a una importante nuova impegnativa avventura.

Progetti come questi, fatti con le scuole impegnate in prima persona sui progetti di legalità, come molto bene fanno da qualche anno le scuole della nostra provincia ( e mentre dico questo non dimentico i 500 studenti di Cinisi che due settimane fa  hanno percorso i 100 passi insieme agli amministratori giunti da tutta l’Italia, ma anche i nostri studenti che erano presenti) sono un’occasione di conoscenza reciproca, di scambio di esperienze, di pratica di solidarietà concreta, di maturazione della coscienza di appartenere ad una Repubblica democratica, unica e indivisibile.

Nessuna bomba di matrice mafiosa, terrorista o delinquenziale potrà mai fermare questo processo. La cultura e l’educazione sono più forti del tritolo e della polvere da sparo. La cultura e l’educazione sono la linfa che deve sostenere le nuove generazioni per le quali vogliamo una società unita e solidale. Certo migliore di questa che stiamo vivendo.

“Indignarsi non basta più, serve una Nuova Resistenza, che parta dalla cultura”.- mi ha detto un giovane di Lentini, abbracciandomi per salutarmi, lo scorso Natale, alla fine della carovana antimafia.

 Se vogliamo cambiare le cose bisogna stare fortemente abbracciati, senza mai perdersi di vista. Questo ci viene chiesto da chi lavora ogni giorno sulla frontiera della legalità e della giustizia sociale.

Questo è il nostro impegno questa è l'antimafia sociale.

Gabriele Santoni