venerdì 11 aprile 2014

L'agenda



Quest’anno non ho un’agenda.
E’ la prima volta, dai tempi delle scuole medie,che non ho niente su cui appuntare le cose che devo fare.
Da bimbetto c’era il Diario Vitt, che  regalavano i librai, a corredo dell’acquisto dei libri per la scuola.
Poi ricordo l’Agenda rossa al tempo dell’estremismo adolescenziale e di seguito Smemorande e Quo Vadis professionali quando ero "primocittadino". Poi  Molenskine molto snob e solo quella, ormai da dieci anni, insieme all’agenda antimafia che mi regala Giovanni Impastato tutti gli anni, ma solo da usare come memorandum .
A Natale scorso, quando Giovanna mi ha detto di comprarmi l’agenda da solo, senza “ordinarla” a qualcuno per regalarmela, ho realizzato che quest’anno avrei saltato un giro. Anno sabbatico dell’agenda.
Da dieci anni la mia Molenskine ha avuto caratteristiche precise. Nera,con copertina morbida, grande come un quaderno e con pagine grandi; per poter scrivere e scarabocchiare e cancellare e riscrivere.
Quest’anno no. Da gennaio scrivo i miei appuntamenti su quadernetti coloratissimi che avevo accumulato a casa in abbondanza, nel corso di questi anni.
Comprare quaderni è un’altra gradevole mania.
Scrivo cosa devo fare, senza una data o mettendola  senza rispettare nessuna cronologia. Sottolineo, cerchio di rosso, cancello, strappo il foglio. Assottiglio il quadernetto con garbo giorno dopo giorno. Da gennaio ne ho usati tre. Uno fucsia, un altro blu e adesso ne ho lanciato un altro rosa splendente.
Aprirlo ad una riunione  mi diverte. E' una mia forma innocua di ribellione. La mia rivoluzione gentile.
E comunque non rispondere ad un’agenda, libera la mente. A me ha fatto così.
E restituisce l'idea di non avere tempo occupato. "Liberare il tempo" si diceva una volta.
Basta un dettaglio a volte per vivere effimere illusioni.
E di questi  tempi basta davvero poco. Esigue ribellioni, scaramucce dell'animo.
Così come credo convenga rinunciare a “facebook”, che  alimenta i peggiori istinti, o suggerire  di rinunciare per qualche ora del giorno a quegli assurdi strumenti, millantati come telefono, che inchiodano "dei disgraziati" a scrivere di continuo, senza sosta … chissà cosa, a chi, chissà pechè?
E’ il tempo della velocità. Della messa in scena senza prove, di uno spettacolo privo di passioni, senza un palpito. Del "detto-fatto", “dell’io ti stupirò”. Del consenso, rubato ai distratti o agli infelici.
Appunto la felicità, va liberata, fatta uscire. Partendo dai piccoli gesti, per esempio decidere che non serve più un’agenda,  per provare a vivere meglio, per ricordare meglio.
 Allenare la memoria, che oggi pare offuscata.