martedì 31 dicembre 2013

Una settimana alla volta


Buon anno Federico

Giro di prima mattina, è l'ultimo dell'anno.Mia figlia è partita con un gruppo di amici per Bologna.
Giovanna è in città.
Sono a Molina; baci, abbracci, saluti. Ogni vigilia vado lì. Mia madre, gli amici, le persone care.
Prima di Natale. Prima di Capodanno e  prima di ogni cosa importante che mi coinvolge.
"Casa mia" è distrarsi con affetto. E allora Angiolino mi dice che stasera suonerà nel grossetano e mi parla di Simone; Topino fissa una cena intorno alla metà di Gennaio. Il Boccacci mi ricorda che una sera bisogna cantare insieme. Marco il meccanico mi annuncia che intende passare il capodanno in camper al mare e sua moglie ride di gusto, complice, come una bimba. Maria Adele non la trovo. Mi ha mandato una foto che porto con me. Nemmeno Susi e Antonietta o il Tordo sono in giro. Li chiamerò o certamente li penserò. Intanto la Paola dell'edicola mi saluta con la mano.
Nel bar Luca sorride come sempre. Abbozziamo una piccola discussione politica sugli inconcludenti candidati che girano. Poi parliamo del valore aggiunto di Franchino M;  della speranza e delle passioni che potrebbe  mettere in moto.
Entra un ragazzotto, almeno per me è rimasto tale; Federico.
Luca gli chiede del lavoro. Lui tira fuori una lettera. E' quella del licenziamento. Spiega che ha perso il posto. E' con  lui la fidanzata, una biondina dell'età di mia figlia. Gli sta abbracciata, lo coccola. Lo guarda.
Lui non batte ciglio; è  fiero mentre parla. Dice che non ha paura; che qualcosa troverà. Racconta che deve avere mesi di stipendio arretrato, che "non morirà di fame". Luca gli suggerisce alcune mosse da fare coi sindacati. Lui guarda qua e là, pare distratto, quasi a voler rimuovere quello stato d'animo in tempesta che la perdita del lavoro gli ha generato. Mi avvicino e sento il bisogno di mettergli una mano sulla spalla. Lui si volta mi guarda e dice- Lele cosa bevi?- Ed io mi metterei a piangere. -Un vino piccolo, bianco-.rispondo- E lui- Vai Luca beviamo!.-Alziamo i bicchierotti davanti a lui. e sorridiamo tutti insieme-
-"Al mondo migliore, buon anno!"

Buon anno Federico e a tutti quelli come te.
gs




domenica 29 dicembre 2013

Castelvetrano (TP) Missione compiuta

Sul terreno confiscato
Del Zoppo Cammilleri Possenti Santoni Inguì  Zappolini Dabizzi Viegi
Giornale di Sicilia
Terreni confiscati. Coop Rita Atria

Insieme a Libera Trapani

Partanna. Tomba di Rita Atria

venerdì 27 dicembre 2013

In carovana



Dal 27 al 29 dicembre un gruppo di amministratori insieme a don Armando Zappolini, saranno a Castelvetrano in provincia di Trapani per la Carovana Antimafia.
Saranno consegnate le risorse ricavate dalle innumerevoli iniziative che da giugno ad oggi si sono tenute nei nostri comuni. Quest’anno i soldi andranno alla cooperativa Rita Atria di Castelvetrano.
Dal 2006, il Coordinamento Provinciale per la Legalità ha sostenuto dieci cooperative.
Oltre alla Rita Atria sono stati sostenuti gruppi di giovani, a Castelvolturno in Campania, a Mesagne in Puglia, a Polistena nella Valle del Marro e a Isola Capo Rizzuto in Calabria e le coop siciliane di Corleone e d’intorni, Pio La Torre, Placido Rizzotto e Lavoro e non solo, oltre alla Rosario Livatino di Naro di Agrigento e la Peppe Montana di Lentini a Catania.
Alla Carovana oltre a Don Armando Zappolini prenderanno parte Gabriele Santoni, responsabile nazionale di Avviso Pubblico per il sostegno alle cooperative e assessore provinciale. Il sindaco di Calci Bruno Possenti e l’assessore Mario Pellegrini; l’assessore di Vecchiano Lorenzo del Zoppo,la presidente del consiglio di Cascina, Paola Viegi e il prof. Giovanni Cammilleri, dell’Istituto Alberghiero Matteotti di Pisa. Va ricordato che la scuola rappresentata dal professore ha fato nel giugno scorso, alla presenza del preside Caruso un patto d’amicizia con l’alberghiero di Castelvetrano.
La delegazione oltre ha incontrare i giovani della nascente cooperativa e i rappresentanti di Libera regionali e locali, incontrerà anche le istituzioni del luogo.

Coordinamento Provinciale Legalità della Provincia di Pisa

mercoledì 25 dicembre 2013

lunedì 23 dicembre 2013

Buon Natale


Annuncio

Chiudono le Province.
A Maggio finisco di fare l'assessore.
Non sono disponibile a nessun incarico nelle "mie terre".
Avendo già dato.
Mi occuperò a livello nazionale di sostegno alle cooperative
che prendono in carico i beni confiscati alle mafie.
Auguri alla Sinistra
e Buone feste

Roma, Campidoglio. Dicembre 2013. Assemblea Nazionale di Avviso Pubblico

sabato 21 dicembre 2013

Buone feste da Molina mon amour



BUONE FESTE
Era scritto con un pennarello grosso sul davanti di una scatola
bianca.
La scatola era coperta da un tappo con intorno incollato un
filo argentato, di quelli che servono per addobbare gli alberi di
Natale. Ora mi pare che si usino sempre meno.
In mezzo al tappo una feritoia artigianale fatta con le forbici,
per consentire il passaggio delle monete.
Era fatta così, senza tanti fronzoli, la cassetta delle mance
delle feste di Natale, nella bottega di barbiere di mio padre.
Quando mancavano una decina di giorni al Natale, la scatola
appariva su uno degli armadietti bassi sotto lo specchio, in
mezzo a forbici e rasoi. E accanto alla scatola i calendarietti
profumati, un po’ scostumati per quell’epoca (ma il mio babbo
non esagerava mai).
Il “ragazzo di bottega”, una volta finito il servizio, faceva
gli auguri al cliente, consegnava il calendarietto, e intascava la
mancia che finiva dentro la scatola sul bancone.
Li ricordo tutti i calendari, uno per uno. Verso la fine di
novembre, quando arrivavano, aiutavo mio padre a sistemarli.
Già l’apertura del pacco era poesia, perché immediatamente
venivi colto da un profumo che ti rimaneva nel naso per tutta
la notte. E poi andavano imbustati e anche guardati, naturalmente…
si sa che il figlio di un barbiere su “certe tematiche”
cresce prima (a proposito di educazione sentimentale!)… ed io,
fatta la lezione di scuola, cominciavo la lezione di vita: dopo
le sei andavo in bottega dal mio babbo e ascoltavo, ascoltavo,
fingendo di leggere «Hurrà Juventus»…
I calendarietti profumati con le nappine e le donnine osé
stavano dentro una bustina trasparente e a misura.
Di solito venivano tenuti nel portafoglio. Dopo averli imbustati,
il mio babbo, senza dirlo alla Piera – la mia mamma
(se no avrebbe urlato come una matta) – me ne regalava uno,
chiedendomi un patto di lealtà: non farlo vedere a nessuno prima
che iniziasse la distribuzione in negozio. Ed io rispettavo il
patto, perché il mio babbo si fidava di me ed io ci tenevo alla
sua fiducia. Così è sempre stato, per tutta la vita.
Comunque, a quel tempo – intorno alla fine degli anni Sessanta
primi Settanta, avevo poco più di dieci anni – tenevo per
più di due settimane il calendarietto in cartella con le donnine
in bella mostra.
Vicino al Natale i calendari cominciavano a essere consegnati
e allora io potevo farli vedere ai miei amici.
Col tempo le donnine si sono scollacciate, di solito erano
attrici o modelle in voga in quel periodo.
Ne ho ritrovati alcuni: uno con una Laura Antonelli bellissima,
correva l’anno 1975.
Ma lì ormai ero cresciuto e la magia, quella della scoperta
vera, era già finita.
Comunque, Buone feste.

Gabriele Santoni
Da Molina mon amour
Storie di un paese del lungomonte pisano
ETS 2012

mercoledì 18 dicembre 2013

Per una ballata italiana

O questa mostra gente
che tutto sa di niente,
questa grandeur abbiente
abominevolmente...
O quelli che dai mattoni
edificano le teste,
e con le televisioni, palloni
le idiotizzano in resse...
O questa nuova gente
in ascesa da oscuri
poteri innominati, spuri
dello spreco afflurente... 


Gianni D'Elia, Notte privata. Einaudi 1993

domenica 15 dicembre 2013

Una settimana alla volta



Mio nonno Neri contadino, votava comunista, come sua figlia Piera, mia madre e  come  i miei zii materni.
Tutti a far bomboloni alle feste dell'Unità.
Neri teorizzava che i poveri, non potevano votare che in alto a sinistra. Dove nella scheda elettorale, allora, potevi trovate il simbolo con falce e martello.
Mio padre Romeo ha fatto tutta la vita il barbiere; fino a un certo punto ha votato socialista. Mi ha sempre detto che l’invasione "comunista" dell’Ungheria l’aveva segnato. Come non dargli torto oggi. Poi  dopo le dimissioni di Riccardo Lombardi dalla presidenza del partito, in polemica con Craxi del Midas (e i più vecchi sanno di cosa parlo), si disamorò e da lì cominciò l'era Berlinguer. Mio padre era per le idee e gli uomini che le traducevano in azione; in un un partito si sentiva stretto.
Anche il padre di Romeo, l'altro nonno, operaio della Piaggio che ho conosciuto poco, ha sempre votato socialista. 
La mia educazione sentimentale e politica si sviluppa dentro questa salsa social-comunista.
Da adolescente "infuocato" i socialisti, li consideravo grossolanamente, spalla della Democrazia Cristiana e miei avverasri di classe.
I Comunisti invece mi intrigavano, eccome. Per la storia e soprattutto perchè li ritenevo in modo fazioso, gli unici artefici della Resistenza: Erano comunque per me, lenti e macchinosi. Bravi, e mio nonno materno ne era l'esempio, ma “pallosi”. I Ciglioni, li chiamavo (ammiccando alle ciglia folte di Leonid Breznev). Mi teneva sul chi vive la forzata severità che mettevano in tutto quello che facevano.Mi pareva che non ridessero mai. E poi il centralismo democratico non mi attreaeva.Non era facile per nessuno a quel tempo dirmi - "si fa così perchè l'ha decido il partito!". Ero troppo anarcoide per accettare quelle regole. E poi a me interessava la lotta per la giustizia sociale "subito, qui e ora".
Aveva ragione Buino, il mitico segretario del Pci di Molina quando  mi diceva con affetto, che uno come me a Mosca avrebbe avuto una vita difficile. Ed io rispondevo che stavo bene a Molina di Quosa dove urlavo quanto mi pareva e i comunisti mi facevano cantare Primavera di Praga di Guccini alla festa dell'Unità.
Diventai un estremista , come si diceva un tempo.Per induzione. Mi sentivo comunista ma difendevo l'essere libero, lontano dal potere.Vita dura, in un Comune rosso fuoco, dove chiamarsi Ivan era normale e il Pci contava a quei tempi in consiglio comunale, anche venti consiglieri su trenta. Tutto.
Scelsi Lotta Continua, la incontrai sui banchi di scuola. Spontaneismo e battaglia. Senza sosta sempre nelle lotte. Sangue bollente e gli ultimi nel cuore. Antifascismo militante e  adrenalina a mille. "Piccoli grandi amori" e grandi amicizie,che ancora oggi dopo quarant’anni resistono, a partire da Cipillone, allora capo del servizio d'ordine degli studenti medi di LC; il più potente della città
Mio padre apprese che ero un extraparlamentare, come si usava dire allora, da una foto mostratagli in bottega, dall’appuntato dei carabinieri. Ero a una manifestazione in lungarno a Pisa. Si lasciò sfuggire con mia madre, mentre urlava arrabbiato per quella mia scelta, che ero bellissimo mentre urlavo col pugno chiuso alzato.Lei me lo ridisse abbracciandomi, consigliandomi di fare ammodo.
 Il furore era al massimo e nessuno mi poteva fermare. Avevo 17 anni, era il maggio del 1975.
 Lotta continua chiuse i battenti nel 1976 a Rimini -“Né ridere, né piangere, ma capire”- ci disse il Sofri dal palco. Ma io nonostante il consiglio del Capo con la C maiuscola, piansi lo stesso. Ero diventato maggiorenne da poco, non avevo mai votato e mi trovai col lutto al braccio.
Orfano di un sogno.
Parti il treno del Movimento. Su e giù per i vagoni; come homeless
Lotte e battaglie. Assemblee,  amori e scoramenti. Entusiasmi. Università col contagocce.
Manifestazioni a Roma di continuo, Bologna e i carri armati,; gli indiani metropolitani; Lama non lama nessuno.
Poi, un giorno, a Roma vidi per la prima volta le P38, e quelli dell’Autonomia Operaia e sulla strada del ritorno ci ripensai e non mi piacquero. Io ero anni luce lontano da quei metodi e il solo pensarmeli in una stessa manifestazione armati, mi indusse a starmene a casa.
Feci allora  un passaggio in uno di quei piccoli partiti che affollavano la sinistra di allora candidandomi giovanissimo al comune senza successo, poi sempre in quel periodo, incontrai i movimenti per la Pace  e presto cominciai con piacere a stare di più a casa mia. Frequentavo la sezione del Pci locale, che aveva dei dirigenti, che ce ne vorrebbe uno per famiglia Non aderii al partito però lo frequentavo stretto; parlavo con loro come dei padri e mi sentivo bene.
Al Pci, in sezione, c’era un tavolo da pingpong  e si potevano leggere libri e giornali.  Ci salvammo: io sicuramente salvai il culo. Nel buio pesto in cui si ficcò l’estremismo, quando arrivarono le Br e il rapimento Moro e appunto le P38 e l 'Autonomia, la meravigliosa provincia e i suoi luoghi a me cari, le sezioni aperte ai giovani, le case del popolo, i bar col biliardo, furono un toccasana allettante; e anche se prendevamo qualche scappellotto dai rigorosi compagni comunisti del Pci, ci sentivamo come figli rimproverati per il nostro bene. Ci ritrovammo lì,  a sognare ancora  la Rivoluzione, nessuno ce lo impediva, ma al riparo da rischi. Che altri, lasciati in giro, corsero e subirono. Quanti ne ricordo ancora.
Poi in seguito lavorai con piacere in una associazione che si occupava di diritti dei bambini e delle bambine. L’Arciragazzi  e l’ARCI. E quella fu la mia nuova militanza a tempo piano e luogo di amicizie mai perdute.
Quando nel 1989 il Pci in pompa magna mi offrì di candidarmi al mio comune per fare l’assessore alla cultura, mi sembrò un onore tanto grande che rimasi stupito ma molto  lusingato. Accettai e lo dissi subito a mio padre che si inorgoglì. Mai avrebbe pensato che avrei messo testa a posto fino a diventare un uomo delle istituzioni e perfino con una moglie.Perchè in tutto questo bailamme avevo sposato il mio grande amore, Giovanna.
Mi candidavo  indipendente, col grande Partito Comunista. Avevo ormai 32 anni. Il vecchio segretario della sezione del Pci di Molina che aveva caldeggiato la mia candidatura mi disse- Bravo. Lo sapevo che questa era casa tua. Farai contenti tutti i compagni anziani.-
Mio nonno Neri invece quando glielo dissi, fu ruvido.- Ora bisogna crescere e non fare cazzate. Quando si amministra bisogna dare l’esempio, essere meglio degli altri.-
Non avevo ancora detto sì, che Occhetto alla Bolognina sfece il Pci.
Ce la feci  però a candidarmi e ad essere eletto col simbolo della "falce e martello", perché le liste erano ormai quelle, ma già eravamo Pds.
A maggio 1990 ero l’assessore "comunista"  alla cultura. Così si continuò a dire per un po’. Almeno io lo dicevo con onore."Essere organici al popolo" era la mia ossessione. Gramsci e la connessione sentimentale. Quante parole nella stanzina di Amos a San Giuliano e che passione.
Gli anni che seguirono ci consegnarono il terremoto di mani pulite, dal quale spuntò Berlusconi.
Ma anche una bella notizia, la nascita di mia figlia Adele, oggi ormai, ragazza nel mondo.
Intanto "imparavo" a fare l'amministratore "di casa mia".
Alle elezioni del 1994, diventai anche responsabile politico dei Progressisti contro Forza Italia appunto.
A San Giuliano prendemmo molti voti, ma Berlusca si prese l’Italia.
Per meriti acquisiti sul campo, nel 1995 con l’elezione diretta dei Sindaci, la sinistra di San Giuliano, divisa da Occhetto, scelse me per ricompattarsi; diventai Sindaco delle mie terre. Un impegno grande, grandissimo.
Una responsabilità senza limiti. Così la sentivo addosso.
Ho ancora in mente il 25 aprile del 1995, non avevo ancora compiuto 37 anni,quando eletto da 24 ore, salii sul palco dell'Agrifiera per commemorare il grande Uliano Martini, un partigiano del luogo che aveva fatto anche l’amministratore, al quale in seguito ho intitolato la biblioteca comunale; un boato mi accolse. E le Braccia alzate e il saluto unanime, mi fecero capire d’un colpo la responsabilità verso quel popolo che così, mi firmava un assegno in bianco d’affetto e fiducia.
Giurai a me stesso che anche se avevo vinto con quasi il  70%,  non bastava. Bisognava vincere nel cuore della  gente. Ripagarli. Farli sentire una comunità forte e solidale, in un momento difficile.
Ho lavorato sempre e solo per questo, pur non convincendo tutti ci mancherebbe, ma sentendo la maggior parte "del popolo", come mi piace dire, con me.
Nove anni dopo, alla fine dell'esperienza, quando ancora non si sapeva se i Sindaci potevano fare il terzo mandato, nel sentirmi riproporre, seppur informalmete (se fanno la legge ti ritocca) dal mio partito,di ricandidarmi per la terza volta, capii che quei cuori erano miei. Che mi "rivolevano". Il terzo mandato non ci fu ( sono sempre stato contrario) ed io mi salvai da una fatica che non reggevo più. Avevo fatto il Sindaco dando tutto me stesso e questo mi aveva appagato ma anche sfinito. Essere il primo cittadino delle terre dove sei nato, è una soddisfazione che bisogna provarla per capire e viverla per misurarne la fatica.
Oggi dopo dieci anni e altre esperienze politiche (la nascita del Pd anche a Sgt non è stata neutra), questi luoghi, dove un tempo si ragionava solo in termini di bene collettivo, hanno subito come molti altri il degrado che sta schiantando l'Italia. Il berlusconismo ha colpito duro anche da noi. Ecco perchè, insieme, superando inutili differenze, abbiamo il dovere politico di ricostruire la cultura della Sinistra, oggi lacerata, anche nella mitica rossa San Giuliano Terme. E alla svelta, il tempo in questo caso, ha molta fretta.
Proviamo quindi a  ripartire. A costruire un sogno che tenga insieme giustizia sociale e bellezza
Ripartendo dagli ultimi, come avrebbe detto mio nonno Neri, contadino,comunista della "genìa" di quelli che "votavano in altro a sinistra". E cos'altro sennò!

Buon futuro e auguri
g

mercoledì 11 dicembre 2013

Inventare altri tempi



DOMENICA 15 DICEMBRE 2013 
ore 17,30
Molina di Quosa


Magazzino di Antonio
nell'ambito della mostra della pittrice
Daniela Sandoni

Presentazione del libro
“Verso la foce del Serchio”
edizioni ETS


Intervento di Anna Calloni



Letture di:

Bernardi Angiolino

John Ayers
Ovidio Della Croce
Franco Marchetti
Daniela Sandoni
Gabriele Santoni
Antonietta Timpano



Aperitivo e brindisi ai nostri luoghi