domenica 31 agosto 2014

Una settimana alla volta


Commiato da un luogo speciale.



Ci voleva una data importante, per un'importante decisione. Eccola qua, il 31 Agosto.
Come ho già spiegato tante volte, vivo questo giorno come l'ultimo dell'anno. Quello vero.
Il 31 Dicembre non è altro che una cena. Baci a mezzanotte e niente più.
Il primo di Settembre invece si ricomincia.
Ecco allora ché oggi per me è un giorno speciale. Il preludio della ripartenza.
"Settembre è il mese del ripensamento..." cantava Guccini.
La stessa sera di quattro anni fa, nel 2010, pubblicai il primo post del blog.
Un'idea indotta dal dolore. La voglia di socializzarlo per ri/cominciare.
Il mio scritto di allora era dedicato a Fabrizio Fabbri che ci aveva lasciato da nemmeno due mesi.
Corredai tutto con una foto  scattata da mia figlia a 11 anni,che poi è diventata la copertina del blog e che lo ritrae insieme ad altre persone speciali.
Nel fare quel gesto, mi pareva che tutto si sarebbe fermato in quella immagine.
Apri il blog,vedi i tuoi amici più cari e il dolore si attenua. Il tempo si ferma.
E tu scrivi cose. Questa è stata ed è la mia "terapia"... che mi ha ancorato alla vita vera, pur percorrendo strade dissestate.
Anche il mio librino, Molina mon amour è nato in questo luogo, così come le mie filastrocche che presto si vestiranno a festa. E poi scritti di vita quotidiana, foto, ma soprattutto un contatto intenso col mio mondo.Un piccolo, piccolissimo pezzo di storia di questi quattro anni movimentati. Un punto di vista certamente di parte. Oggi si chiude ed altre cose si apriranno....ma questa esperienza, gli scritti, le immagini, "Una settimana alla volta", prendono commiato e salutano.
Questa sera la testa è già al domani. La rotta è di nuovo tracciata, tanto mare è alle spalle.
Buon anno a tutti voi e buon futuro. 
gs

P.S.

Sempre a fianco di don Luigi Ciotti,
che mi ha aiutato a distinguere meglio le sfumature dei colori.


venerdì 29 agosto 2014

Una settimana alla volta



..... la trionferà!


Da solo sulla spiaggia sul tardi della sera

con gli ombrelloni chiusi che annuncian la bufera

e il tramonto rubato da nuvoloni scuri

le stuoie sbattacchiate che paiono tamburi...

Ti incanti a rimirare, alta tesa nel vento

una bandiera rossa colma di struggimento

ma tu non gli dai retta come facevi un tempo

e ti tuffi di fretta correndo controvento

e mentre ti accapigli  fra le onde in mezzo al mare

la guardi sventolare.......là rossa, da baciare.

martedì 26 agosto 2014

lunedì 25 agosto 2014

"Sono andato a letto presto"



Di mattinata, sono le sette e sta andando al lavoro a Pisa.
Mi fermo a prendere un caffè in un bar storico sull'Aurelia, che a quell'ora è già aperto.
Metto in conto di dover incontrare qualcuno che conosco. Entro zitto zitto e agguanto al volo La Gazzetta dello Sport che un omino ha appena abbandonatoo su un tavolino. Mi avvicino al banco e ordino. La signora che staziona da anni dietro la macchina, parte in quarta e  mi serve in dieci secondi. Occhi sul giornale, penso che ce la farò. Nessuno che conosco. D'un tratto sento una "stintignata" alle spalle che quasi mi fa versare il caffè. Un abbraccio pesante. -"Come stai vecchio birbante!"- E un uomo che è stato sempre al "razzolo" della politica.- "Cosa stai facendo? E' un po' di mesi che non ti vedevo in giro."-Insiste-"O perchè non hai rifatto il Sindaco a San Giuliano? Tanto dalla Provincia vi mandano via a pedate!"- A PEDATE, dice proprio così. Lo guardo di traverso e un po' continuo a sbirciare le notizie sulla Juve. Mai ho avuto confidenza con costui, anche se lo conosco. Ma si sa, siamo nell'era della politica che fa a secchiate e vale tutto.....
Azzardo una manovra dissuasiva- "Meno male che  Vidal resta bianconero". E lui insiste facendo il simpaticone- "Oltre a essere un politico che mangia a uffo sei anche per la Juve?"- binomio che parrebbe essere nefasto di questi tempi. Mio nonno comunista e juventino, non avrebbe esitato un attimo a scomodare Togliatti e le classe operaia come tifosi della Juve. Io invece tento una difesa garbata.-"Guarda che io ho smesso, mi sono tirato fuori.Sono tornato a fare altre cose."
-"Ecco perchè era un po' che non ti si vedeva nei posti strategici (!!!). O cosa hai fatto questa estate?"
Mi viene una battuta alla De Niro scontata, ma la dico- "Sono andato a letto presto."
E lui ignorante come pochi- "Bene così ti sarai riposato....Pago ioooooo"- urla al cassiere-"anche a questo politico smesso, segna sul conto"- e lo dice forte  per farsi sentire. Poi mi dà una pacca sulla spalla e inforca la porta.
Finisco il caffè, mi accerto che Vidal resti alla Juve anche quest'anno e lascio la Gazzetta sulla mensola, vicino al bancone. Poi mentre guadagno l'uscita, mugugnado fra me e me, dico - "Bella mi secchiata... ma di merda" Fuori la mattinata è fresca. Sono in orario. C'è il tempo di andare  a fotografare la piazza dei miracoli, con le nubi alle spalle....Alla fine dell'anno potrei fare una mostra di cieli, con davanti la torre. E' un'idea. Bisogna andare a letto presto però, e bere il caffè a casa, la mattina.


giovedì 14 agosto 2014

Il Nanni


Ho colto da lontano una polemica sulla partecipazione giusta o sbagliata di Renato Curcio ad una iniziativa culturale. Non ne conosco le ragioni e non sono in grado di giudicare.
Racconto invece la storia di una mia amicizia cara.
Non so quanto c'entri, ma essendo in questi giorni l'anniversario della morte di Giovanni Ciucci, lo faccio volentiri.

 Nanni era più grande di me.
 L'avevo conosciuto a Nodica in un garage dove c'era la sede di Lotta Continua, avevo 17 anni.
In quel fondo si riunivano un gruppetto di giovani di provincia dei comuni di Vecchiano e San Giuliano.  Molti di loro giovanissimi.
Estremisti di periferia, lontani dalla claustrofobia intellettuale cittadina e con la frenesia del dopo riunione, che molto spesso, nei mesi più caldi,   portava tutti al Principino in Versilia, dove il Pazzo, la notte, smessi i panni di barbiere rivoluzionario, faceva il dj e ci faceva entrare gratis.
Accio, il "segretario" già con passioni di poesia sperimentale, ci costruì anche una performance con tanto di disegni. L'estremista provinciale che sente odore di Versilia e a tarda notte dopo la riunione, e il volantinaggio sui problemi dell'Italsioux di Migliarino, ripone l'eskimo e indossa la camicia bianca, che tanto piace alle straniere, e si fa carpire dall'Aurelia fino al lungomare del Forte.
Ma Nanni era diverso, aveva già un lavoro, faceva il ferroviere e il sindacalista. E aveva moglie e figlioli.
Era bravo, determinato, pacato. Aveva testa sulle spalle.
Lotta continua nel '76 chiuse i battenti. Quelli dopo furono anni terribili e complicati."Ci sciogliemmo nel movimento". Frase passata alla storia ahimè!
Nanni fece in tempo anche a candidarsi in una lista della sinistra, alle elezioni pisane del 1980. Poi dopo poco sparì. Si diceva fosse entrato in clandestinità.
La mitica cellula dei ferrovieri delle BR salì ben presto alle cronache.
Erano tempi quelli, dove poteva accadere di tutto. E tutto accadde
Nessuna notizia di lui per lungo tempo e poca voglia di parlarne. In quella fase di gran confusione, eravamo impegnati a condannare il terrorismo, rivendicano con forza i nostri ideali; e quel fatto ci faceva male.  Mai avremmo pensato a quella scelta estrema.  Ma immaginavamo tutto…. come cantava Baglioni.
Poi il suo nome venne a galla.
Il rapimento Dozier (capo della Nato in Europa), uno degli ultimi colpi di coda delle Br. Savasta, la colonna veneta e il carcere duro.
Il pentimento e la legge sui pentiti.
Su quest'ultima questione in molti si divisero, anche fra compagni di strada.
Il pentitismo era una brutta bestia e chi odiava il terrorismo da sinistra, disprezzava ancor di più chi lo praticava, facendo nomi e raccontando brutte storie…
Pertini, alll'epoca,  "Presidente della Repubblica", nonostante la legge sui pentiti funzionasse, ebbe a dire che  i pentiti la Resistenza li fucilava.
 La notizia di “Giovanni Ciucci brigatista” apparsa su tutti i giornali, col tempo cadde nel dimenticatoio.
Di Nanni non si parlava quasi più, salvo per informarci in quale carcere speciale stesse e se fosse ancora vivo.  Non so se qualcuno abbia mai potuto vederlo. Forse i fratelli, che non l'hanno mai abbandonato.
Quando dopo tanto tempo ci riparlai, gli chiesi conto di tutto.
Lo feci una sera di molti anni dopo, in una casetta di un paesino che lo ospitava per la sua nuova vita. E lui mi spiegò. 
Non mi convinse fino in fondo, ma cominciammo a frequentarci con un ottica diversa. Come due amici che parlavano di futuro e con piacere.
Aveva scontato tutto quello che doveva.
Aveva pagato duramente Anche violente percosse e soprattutto un ostracismo veemente, da parte di alcune persone un tempo vicine, che lo inquietava molto, anche se ne parlava poco.
Fortunatamente per lui, non aveva fatto danni materiali, nel senso che non aveva mai sparato a nessuno e questo “tecnicamente” ai fini dlla condanna aveva contato; ma aveva buttato via la vita.
Famiglia perduta e coscienza da ricostruire.
Ma Nanni aveva un'anima. Appena reincontrato lo capii.
Stava facendo i conti col suo passato, un percorso doloroso e silente.
Alla fine degli anni ottanta era venuto ad abitare nella canonica del prete di Colognole, che era un suo compaesano di Nodica, e iniziò  a fare l'operaio in una cooperativa agricolo forestale.
Reinserimento sociale, si diceva allora.
Con umiltà, lontano da tutti.
E’ lì, in un paesino “lontano da dove” che abbiamo ricominciato a frequentarci. Prima annusandoci e poi con grande affetto. Quindi a parlare senza protezioni.
Rifletteva sugli anni alle spalle con pacatezza, si prendeva  colpe senza chiedere sconti alla coscienza, elaborava con serietà  ma guardava avanti. Voleva il futuro, come l'aria.
Sapeva bene che, agli occhi di chi il terrorismo l’aveva subito sulla pelle, non sarebbe mai stato riabilitato. E questo era un cruccio con cui avrebbe dovuto convivere tutta la vita che accettava. Avendo chiara la condanna che si portava dietro.
Una cosa che lo faceva stare bene era l'avere  recuperato il rapporto coi figli, lasciati in tenera età. Della moglie invece era diventato un amico, come amava dire. E questo lo rasserenava.
In pochi anni era diventato Direttore Generale dell'azienda dove lavorava, contribuendo al salto di qualità che ne ha fatta una delle più importanti della Toscana.
Sul lavoro era amato da tutti, e sapeva fare  "il capo" con grande fermezza e umanità..
Aveva anche riacquistato il diritto di voto ma non si interessava direttamente alla politica.
La guardava con distacco. Aveva già dato troppo. Gli era bastata, diceva scherzando.
Aiutava tutti quelli in disagio.
Nel periodo in cui sono stato all’AC di  San Giuliano, ha fatto lavorare molte persone in difficoltà che spesso gli segnalavo.
Era fiero di costruire lavoro per chi ne aveva bisogno. Era una sua forma di riscatto. Aiutare gli ultimi, sempre.
Era un uomo rinato che aveva imparato a sorridere di nuovo ed a riassaporare la felicità. Si capiva che stava bene e percepiva la stima degli altri.
Poi se è e andato, troppo presto, un giorno d'agosto, dopo una malattia che l'aveva debilitato ma non sopraffatto.
Ho ancora davanti l'immagine gioiosa nella sua ultima casa di Avane, che stringe fra le braccia la piccolissima nipote, sapendo già da tempo di essere malato.
A sessantanni aveva "ricoltivato" l'amore, contraccambiato, per una grande donna, con la passione di un adolescente; e quella è stato la sua ancora finale.
Poco prima che morisse sentii il bisogno di regalargli un libro la cui dedica diceva  “ai barricadieri di sempre”. Lo guardo e mi disse- “Prendimi anche per il culo...”
Questo era Nanni. Uno che aveva riconvertito in positivo la sua passioni estreme senza perdere  l'impegno per la giustizia sociale e ritrovando il sorriso di un tempo. Tutto attraverso un percorso dolorosissimo.
Un uomo tenace fino all’ultimo. Chiunque  nell'azienda, che ha contribuito a far crescere, sente pronunciare il suo nome, si mette sull’attenti.
Penso che ci voglia misura oggi nel giudicare chi in passato ha avuto percorsi difficili.
Pagando di persona e scontando fino in fondo la pena inflitta.
Questo certo non significa restituire il dolore a chi all'epoca l'ha subito, che ha tutto il diritto di non perdonare. Ci mancherebbe
Credo però che in generale una società matura debba fare i conti con il passato chiudendo una fase della storia che ormai abbiamo alle spalle. Se così si ragiona, si fa un buon servizio al futuro.
Non farlo alimenta solo inquietudine.

mercoledì 13 agosto 2014

"Feria d'Agosto"



 
ValTrebbia
Da domani, per 10 giorni vado in ferie con Giov e un gruppo di amici, che troverò a Pontè sulle colline di Piacenza
Questa è un'estate strana, almeno per me. Ed è inutile spiegarne i contorni e le ragioni. Così è.
Comunque da domani riposo vero e in culo il futuro, che è sempre difficile ma non impossibile.
Bagni nel fiume, cene prelibate. Vino del Benti, chiacchierate e dormite. E poi bicicletta e libri.
E il festival di Bobbio.Pippo Del Bono e altre passioni...
Tutto senza fretta.....




domenica 10 agosto 2014

Arciragazzi

Belle e belli come il sole.
E senza capi.

sabato 9 agosto 2014

Una settimana alla volta

Ri/letture estive

Il viaggiatore leggero Alexander Langer
Scritti corsari PierPaolo Pasolini
Le città del mondo Italo Calvino
Il sarto di Ulm Lucio Magri 

Prima lettura
Qui e ora, lettere 2008-2011 
Paul Auster e J.M. Coetzee 
La foresta Joe R. Lansdale

C'è poco da fare, siamo "ragazzi" con le testa all'indietro....

Buone vacanze a tutti!

giovedì 7 agosto 2014

W gli scout che salvan la formica-ica.




Molina. A Sx la fermata dell'autous
Me li ricordo bene negli anni sessanta, stavano seduti sugli scalini del magazzino di Brandino, al mio paese. Aspettavano l'autobus.

La domenica pomeriggio, un gruppo di ragazzetti zaino sulle spalle fragili, borracce, cappellini e fazzoletto colorato al collo. Uno di loro con la bandiera. E poi due o tre adulti. Tutti rigorosamente con i pantaloni al ginocchio di “vellutino”. Bimbi e bimbe mescolati. Inverno o estate. Sempre allo stesso modo. Se freddo con la giacca a vento, col sole in maniche di camicia arrotolate.

Sudati e macchiati di erba e fango; scomposti e appagati della scampagnata fatta sul monte pisano.

Erano gli scout.

Li guardavamo incuriositi di là dai vetri della Botteghina, il bar del paese.  Noi che avevamo addosso “i vestiti della domenica” che la nostra mamma a sera riponeva fino alla settimana dopo. Il nostro cappottino tenuto “come le cose sante”.Noi che ci vestivamo bene per andare in città, credendo che i ragazzi là a Pisa, stessero sempre vestiti bene, anche durante la settimana.

 Un  gruppo di ragazzotti  ogni domenica esplorava i sentieri montani  dei paesi del lungomonte gentilizio.

Bandiera e divisa, quasi fossero un drappello di assedianti in ricognizione sul territorio.

-"Ma la domenica non vanno al cinema, o a vedere il Pisa all’Arena Garibaldi?".- chiedeva qualche adulto.

Qualcun altro aggiungeva - "Son bambini vestiti da cretini, e gli accompagnatori, cretini vestiti da bambini”

Ignoranza della provincia, dura a morire. Battutacce grevi, che a me non facevano ridere.

“W gli scout che salvan la formica-ica”  diceva la strofa di una canzone di un po' di tempo fa… .

E noi che invece catturavamo lucertole e riempivamo secchi di girini. Maledetti.

E loro già a difendere l’ambiente, in tempi non sospetti; per statuto.

E quei bimbotti là di domenica, sugli scalini ad aspettare il pullman, incuranti se la Juve aveva vinto o no. E noi che non andavamo da nessuna parte se non era terminato “Novantesimo minuto”. E poi cinema e dopo ancora, primo tempo della partita di serie A sempre al bar, prima della cena.

Altri tempi. I dieci chilometri che separavano Molina di Quosa dalla città erano una distanza siderale.

Provincia profonda e semplice allora; e anche i ragazzi benestanti se volevano campare nel gruppo  dovevano adeguarsi alle regole del bar, del flipper e del “biliardino; e guai chiamarlo calciobalilla, perché potevi toccare un “nocchino” d’ordinanza.

Poi magari i pochi nostri amici locali più ricchi, d’estate sparivano un mese. I genitori li portavano controvoglia  al mare a Viareggio. Ma al ritorno le regole erano quelle dei figli del popolo. E loro lo sapevano e ci invidiavano. Noi che facevamo le vacanze al mare “su e giù” a Torre del lago, col pranzo al sacco in pineta.

E poi via, a scorrazzare con le bici o i motorini. E a montare in cima agli alberi più alti, violando le ville dei nobili, saltando muri alti tre metri, a cercar galletti per una salsa buona o a razziare cocomeri, regolarmente tassellati. E il bagno in Serchio o le partite di pallone ai giardinetti, con la guardia del comune che ci requisiva il pallone e avvisava i nostri genitori.

Crescevamo  allo “sciaverno” come amava dire mio padre qualche anno dopo, rievocando. Senza regole,né capi.

Qualcuno era anche bravo a studiare e poi si è visto, ma farlo non era un assillo. Tutti  ce la siamo cavata comunque. Qualcuno si è laureato, altri che non l'hanno fatto, oggi sono bravi lavoratori. Una laurea della vita comunque l'hanno conseguita. Paese allo stato puro, che non abbandona nessuno.

Quei gruppi di ragazzi però,che passavano da Molina la domenica, così diversi da noi e dalle nostre bimbe, a me piacevano.

Un giorno mi capitò di parlare con una bimba dai capelli rossi, che riempiva la borraccia alla fonte sotto i platani in piazza. _Ciao come ti chiami?-mi chiese. Io mi sentii avvampare, risposi il mio nome e gli chiesi se erano arrivati fino a Quattroventi. Lei mi disse di no, -Solo sopra Ciapino- aggiunse, poi mi disse il suo nome e mi salutò. Poche parole. Tenni quella bimba nel cuore qualche settimana e stetti alcune domeniche ad aspettarla, facendo la posta alla fermata del pullman delle “cinque e venti” per Pisa. Non capitò più. Mi dispiacque molto. Mi era piaciuto come mi aveva salutato. E il suo sorriso…

Avevo sì e no dodici anni. Era facile allora farmi battere il cuore più velocemente.

Diciamo la verità,erano carini gli scout che passavano da Molina  ogni domenica e sotto sotto li invidiavo. Mi piaceva la loro eleganza, quell’essere sudati non sgarbato, il gesto gentile, la bandiera. Ma anche la divisa ci intrigava, bella azzurra o color cachi; e i canti che facevano tutti insieme, nell’attesa dell’autobus.
Mi ricordavano I ragazzi di via Pal, che avevo letto qualche anno prima.


In questi giorni 30.000 scout arriveranno a San Rossore. Spero siano carini come quelli che mi ricordo da bimbetto.

Contro questo raduno si sono levate critiche forti. Alcuni intellettuali hanno firmato un appello a tutela del parco. Altre soggetti autorevoli hanno preso le difese con forza evidenziando l'importanza dell'iniziativa.
Non mi pare che porre qualche problema di tutela ambientale sia un'eresia. 

Io non dubito sul fatto che i ragazzi saranno educati, né metto in dubbio il valore dello scoutismo, che in questi tempi bui è merce rara. Certo mi sembrano un po’ troppi. C’è da sperare che la natura resista, "che tenga botta".

E' certo che così in tanti non entrerebbero a sedere sulle scale del magazzino di Brandino ad aspettere il pullman a Molina di Quosa..

Ma non sarebbero nemmeno entrati tutti nel bar, come invece facevano quelli di allora, per comprare un gelato o una cioccolatina, o semplicemente a scaldarsi.

Questi giovani che arriveranno a San Rossore, "io non li aspetterò di là dai vetri del bar". Non riuscirei nemmeno a contarli, tanti sono.Auguro però a loro di stare bene

Nel parco tornerò, quando saranno partiti, passando dal cancello del Marmo, che è un varco per gli indigeni che hanno a cuore la bici o le camminate.In silenzio e in pochi.Per "fare a capirsi", oggi così difficile.

Ah, al raduno si dice che venga anche Renzi …  ma non il Papa. Mica si può avere tutto.

Qualcuno dice che l’iniziativa potrebbe essere "giocata" politicamente dal presidente del consiglio. Vedremo!Oggi è così di moda apparire che non mi meraviglierei. E poi Renzi era scout, No?

A me invece piace sognare e lo faccio sperando che fra quei 30.000 ci sia quella ragazzetta di oltre quarant’anni fa ho incontrato alla fonte del mio paese, rossa e con le lentiggini, che mi salutò con un sorriso.

E sogno che al parco e alla natura sia regalato un sorriso come quello che mi fece  allora.

Di di una cosa però sono certo.  Se quella bimba c’è, oggi avrà oltre cinquant’anni come me, e indosserà sicuramente i calzoni corti blu di vellutino, come tanti anni fa, che mi facevano tanto ridere e non mi sarei mai messo.

Io che la domenica a quei tempi, indossavo  pantaloni a quadrettini, imitazione "Clan di Celentano". Altro che pantaloncini di velluto a righine......

Maledetta e meravigliosa provincia, che non mi sono mai tolto di dosso.



martedì 5 agosto 2014

domenica 3 agosto 2014

Una settimana alla volta

Lettera a Fabrizio

"L'ultima missione"



Caro Fabrizio
è davvero tanto che non ti scrivo e la verità vera è che non avevo niente di importante da dirti. Una novità però c'è. A Maggio ci sono state le elezioni amministrative e non mi sono candidato. E' proprio il caso di dire che si chiude un'epoca.  Dopo tanti anni non avrò più incarichi istituzionali.
Lo so che te la stai ridendo amico mio. Ho ancora in mente come ti comportasti all'Arciragazzi, quando nel 1990  comunicai (non ero solo)  che il PCI voleva candidarmi a San Giuliano. Dicesti perentorio che "quella mossa" non era  necessaria per l'associazione e che comunque bisognava decidere insieme. Nemmeno fossimo stati il partito comunista coreano. Ma "imponesti" con garbo, insieme a Cipillone (maledetti e cari amici) di fare un direttivo e votare.
Andaste in minoranza, come si usa dire...
Voi eravate convinti che non mi dovessi candidare, non perché non ero all'altezza, ma perché vi sembrava più nobile che io "perdessi il mio tempo"nell'associazionismo, piuttosto che nelle istituzioni, che mai sarei riuscito a cambiare. Lo so, la vostra rigidità era "per il mio bene" e quella sera lo ribadivate a ogni passaggio dei vostri  interventi. Io vi dissi che era giunta l'opportunità che certi nostri progetti,  “invece di proporli all'assessore di turno, potevamo diventare patrimonio di una giunta di sinistra a cui partecipare direttamente  e che a San Giuliano si poteva provare. Avevo ormai deciso che bisognava portare le nostre passioni al "governo" sporcandoci le mani, e non sarebbe stato il giudizio dei miei amici migliori a farmi cambiare idea.  Tu e Cipillone vi esprimeste contro lo stesso. Tosti fino in fondo.
Poi ci abbracciammo e la stesso gesto lo ripetemmo anni dopo, quando da Sindaco di San Giuliano Terme, ti raccontai che avrei inaugurato la Ludoteca e poi  il Teatro.
La mia scelta di quella sera non provocò nessuna frattura, il nostro legame si saldò ancor di più.                   Oggi smetto mio caro, il 3 agosto 2014 è il mio ultimo giorno; è il momento di passare la mano, il mio tempo è scaduto. Che avrei smesso l'ho annunciato da tempo più di un anno fa. Allora mi hanno anche pubblicato delle belle foto sui giornali- L'assessore si rottama- diceva l'articolo del Tirreno. Dopo quest'ultima esperienza in Provincia, lunga anch'essa dieci anni, basta. Stop."La mia ultima missione"è stata  quella di presenziare stamattina all'eccidio della Romagna, sui monti di casa mia, a Molina (  se devo essere sincero i discorsi fatti non mi hanno convinto; ma mia figlia dice che invecchiando sono un criticone...). Lo stesso luogo dove feci il mio esordio istituzionale da assessore alla cultura nel 1990 e dove ho cominciato il giorno dopo che fui eletto Sindaco la prima volta, il 25 aprile del 1995. Fu quella mattina, passata insieme a tre vecchi comunisti, che mi nacque in testa il "progetto memoria", che ha coinvolto centinaia di ragazzi del mio comune. Un bel modo di finire no? Dove ho cominciato. A ragionare di Resistenza. Cosa che serve ancora oggi. A te piacerebbe lo so.
Così smetto. Non mi garba più. E quando non si è più motivati, meglio passare la mano.
Tornerò al mio lavoro e poi ho in mente altre mille  belle cose da fare. Ci proverò, senza frenesia.
La verità è che mi manca la Comunità caro Fabri, quella che un tempo ci rapiva notte e giorno. Come quando si lavorava con i bambini del "villaggio occupato", disseminando la città di Campi Solari. O mascherandoci come "pazzi", colorando a festa con draghi e mongolfiere i luoghi sacri della città (Piazza dei Cavalieri, della Berlina, la Pera, a volte anche Piazza dei Miracoli), oggi inaccessibili ahimè. Eravamo gruppo vero, comunità che provava a cambiare il mondo partendo dai ragazzi; ed io quelle cose ho cercato di applicarle anche nelle istituzioni. Con difficoltà, facendo mediazioni anche con me stesso,certo; ma in alcuni momenti, in particolare a  San Giuliano, sento di esserci riuscito. Almeno di averci provato fino in fondo
E qualcuno ancora oggi, che non ha mai amministrato nemmeno il condominio di casa sua, a dare voti. E mai a sporcarsi le mani. Mai!
Oggi però la misura è colma. Non reggo l'individualismo, il carrierismo. Stare in cordata, essere il seguace di chi conta. E diciamola tutta, ormai non studia più nessuno e l'ignoranza politica la fa da padrona.
E poi questa storia "del siete tutti uguali"... frase ricorrente che annuncia un bel disastro, mio caro.
Sono orfano della politica solidale, che ho conosciuto; della gente che ti sceglie, ti critica ma ti difende. E nelle mie terre questo l'ho provato sulla  pelle ed è entusiasmante
Mi manca il braccio sincero,del compagno fidato, sulla spalla. La vicinanza, di chi percepisce che hai problemi o che sbagli e corre a sostenerti  provando con garbo,a farti vedere le cose in un altro modo. Mi manca l'idea della gestione del potere, senza nessun interesse personale, oggi rara da incontrare. Perché il potere va preso e gestito in funzione della collettività e dei più deboli e poi restituito a chi ti ha scelto.
Oggi tutto questo pare essersi smarrito. La solidarietà "non è quella di una volta"... come le primavere.
Mi mancano le cose estreme che tu avevi dentro e che solo tu potevi fare.
Il tuo bel gesto,  per esempio, di quando raccattasti e proteggesti dentro  una mischia furibonda in una palestra cittadina, "un'indiana metropolitana" provocatrice,che stava per essere sopraffatta da un servizio d'ordine intransigente e la tenesti con te fino a quando ce l'hai fatta, incoronandola madre di tua figlia, quella matta. E che matta.
Sono ancora intrigato da quei gesti unici e forti, che tu incarnavi senza darti un tono. Con "la semplicità che è difficile a farsi"
Tu lo sai bene e quanto ne abbiamo parlato, che non mi è mai interessata la denuncia senza la proposta. L'estremismo senza prospettiva. Ma gli ideali radicali sì. E che gusto provare ad applicarli insieme a te, a poco a poco, anche in una semplice festa di carnevale. Facendo anche giuste mediazioni, per far capire, per raggiungere l'obiettivo. E che piacere provare a parlarne in un luogo istituzionale... con la fascia .
Oggi se non si grida non si è estremi, e tu non urlavi mai amico mio, a parte quando cantavi Alele Cicatonga a squarciagola.
A questa età sento ancora di credere nella comunità educante e solidale, che propone e cerca di cambiare il mondo, dalla parte dei più deboli. Come eravamo in quell'associazione che aveva per simbolo un sole colorato.
Quante volte ti ho scritto che le nostre discussioni su Gramsci sono state uno dei migliori momenti delle nostre giornate passate insieme. 
L'intellettuale organico, l'egemonia, la casamatta, dove forgiare bene il furore per la difesa degli ultimi.
La "missione"  che tu sapevi infondere a tutti quelli che ti stavano attorno.
Ci vorranno anni per ricostruire l'idea di un luogo libero, che accoglie e  non abbandona nessuno. E saranno anni di tragedie ed io sono stanco, amico mio. E allora meglio ricaricarsi, "lontano da dove", ricominciando ad ascoltare il silenzio, coltivando dubbi e studiando. Perché è solo attraverso lo studio che si può aspirare a capire qualcosa in futuro; almeno a me, che mi avvicino ai sessant’anni (e mentre lo scrivo mi viene un brivido) e sono figlio dell'altro secolo. E me ne vanto sia chiaro di essere figlio del novecento e delle sue categorie. E mica è necessario modificarle.

Ti racconto un  desiderio. Uno di questi giorni piovosi, mi sarebbe piaciuto venire a casa tua, al Villaggio 100 fiori. Tu mi avresti accolto sorridente come sempre, con una musica di sottofondo, indossando una canottiera colorata, come ti piaceva portare.
Dopo i baci e il raccontare un po' delle mie ragazze e tu delle inquietudini di Alice, ti  detto  avrei  detto che "smetto", aggiungendo un elenco di motivazioni commoventi. Tu mi avresti ascoltato e coccolato;  poi chiacchierando serio e pacato, con fare da fratello maggiore, non te la saresti tenuta  e me l'avresti cantata-"Era l'ora Gabri, son contento per te."- questo sarebbe stato il finale a  chiusura del tuo sermone. Vecchio anarchico e  prete mancato che non sei altro. Saresti ripartito da dove avevi interrotto quella sera di 24 anni fa, quando dicesti- "Non lo fare"-. E senza sconti.
Ma questo piacere, di chiudere il cerchio per farmi stintignare ancora una volta, con affetto (che solo a te e pochi altri ho consentito nelle vita), non me l'hai dato. Hai scelto di andartene prima, alle soglia dei tuoi sessant'anni, un luglio di qualche anno fa. Vaffanculo! Ed io che ti consideravo immortale.
Caro Fabrizio  da dove sei, se ti è permesso di capire qualcosa di quello che "ci gira intorno", non credo che al primo posto dei tuoi interessi ci sarebbe le riforma del Senato (non me ne vogliano i cultori delle istituzioni). Ma io ti conosco troppo bene. Ti toglierebbe il sonno il massacro di bambini a Gaza, o capire il perchè si chiude per mancanza di fondi una ludoteca o si sgombera un centro sociale con la polizia (che ha volte, dalle nostre parti, pare essere più ragionevole di alcuni amministratori... pensa te) . A te intrigherebbe di più "capire ancora l'azione". Il Che fare? Di antica memoria. Che è sempre stato il tuo tarlo e la tua guida. Che ti portava a fare cose estreme, tu mite e dolce come nessuno mai. E che ti rendeva esigente e severo, più di ogni altro, fino a subirne le conseguenze. Fino a spezzare legami importanti.
Per questo, per quello che hai trasmesso a me e non solo a me, ti  porto nel cuore da sempre come nessun altro. Per questo ti sento accanto, durante questo mio nuovo "passaggio di tempo".
Questo mio" ritorno al futuro" ti è dedicato.


gabriele