mercoledì 19 agosto 2015

Questo blog chiude definitivamente
ci trasferiamo su
Taccuino di periferia
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mercoledì 29 luglio 2015

Lunga riflessione notturna



Riflessione notturna.
Sono nato in una famiglia di Sinistra. Mio nonno materno era comunista "per forza". Contadino del conte Agostini a Corliano, non aveva altra scelta. E' morto a novantadue anni orgoglioso di aver sempre votato "in alto a sinistra". Mio padre si era allontanato dal Pci dopo L'Ungheria, votando socialista fino all'avvento di Craxi. Poi aveva riabbracciato Berlinguer fino alla fine.
Dentro questa impossibile alternativa, essere di sinistra per sangue, andai oltre. A quindici anni scelsi Lotta Continua.
Sofri la sciolse poco tempo dopo, ma i rapporti stretti a quell'età  in quella mitica via Palestro e in un garage di Vecchiano mi hanno lasciato il segno e amicizie fraterne. Per anni ho vagato nella sinistra "gruppettara". Il Movimento (troppo bello), Dp. Poi basta. L'Arci e l'Arciragazzi sono diventati la mia casa. Intorno ai trent'anni ho votato Pci la prima volta, Con convinzione. Poco tempo dopo, mi hanno chiesto (Stefano Pecori segretario Pci di SGT)  di candidarmi nella lista con la falce e martello alle elezioni di San Giuliano del 1990. Mentre discutevo la candidatura con i compagni che mi avevano addirittura proposto di fare l'assessore alla cultura (che poi feci), Occhetto fece la svolta. Fui così affascinato da Ingrao, che il quel periodo ebbi modo di conoscere di persona, da Tortorella, da intellettuali come Zanardo e Natta. Diventai amico e lo sono ancora di Marco Fumagalli che era stato segretario della Fgci dopo D'Alema e Beppe Brogi, tuttore al pezzo. Pci-Pds-Ds... come diceva il Caimano, ma amico stretto di Rifondazione, fino alla rottura del governo Prodi (una tragedia umana per me, rompere con Rifondazione non fu facile, ma la Direttiva di via Fratti era chiara....). Intanto nel '95 ero diventato Sindaco a 37 anni, ma la cosiddetta Minoranza (Carlo Gori e Mario Giannini in particolare) in seguito, mi aveva anche chiesto un impegno in segreteria provinciale. All'epoca mi sono sfinito in lunghe riunioni politiche e amministrative, intorno al tavolo tondo, al terzo piano di via Fratti, con persone da cui ho solo imparato. Carlo Cacciamano e Giancarlo Lunardi soprattutto e poi Floriani malvagiamente trattato male) Fontanelli (richiamato in servizio) e la potenza dalemiana, Salvatore Senese, il Paci. Gino Nunes, Rossi, Lippi, Signorini Turini, Picchi e altri sindaci. Fausto Valtriani, Carlo Scaramuzzino, Corsini. E Antonio Melani e Filippeschi segretario dal carattere difficile come ora e Fabrizio Cerri e Ferrucci. E Chiti, Martini, Riccardo Conti, Fragai . Tutti di provenienza ex Pci e ciascuno con "un'inconsapevole anima in divenire" ma ciascuno convinto di non spostarsi di un millimetro dalle proprie idee. E i congressi nazionali e locali e gli scontri e le cene dopo. La vecchia apparteneza, il bisogno di non discutere "sui fondamentali", teneva insieme  tutto quanto e le amministrazioni di Sinistra della provincia erano dignitose.Quando "inventarono" il Pd, facevo l'assessore ai Lavori Pubblici. Fui preso alla sprovvista. E  tutti a dirmi che sarebbe stato un bene per il futuro abbattere stecccati. E che io sarei dovuto essere della partita perché ero il punto di riferimento del Lungomonte sangiulianese. Dissi subito no ( a Fontanelli durante un incontro testa, testa e mi dispiacque. Paolo non capì.), consapevole che la mia "carriera" finiva lì. Non mi convinceva costruire a freddo una roba che metteva insieme culture troppo diverse. Non avevo problemi a costruire alleanze,  anzi ne sono stato fra i promotori, e in quel momento il mio presidente della provincia era un ex democristiano, con cui andavo d'accordo,  ma un partito per definizione ha dei paletti. Ci voleva tempo e tutti mi dicevano che il tempo non c'era. E allora meglio dire no che farlo solo per il potere. La mia esperienza politica non si chiudeva, finiva però un modus vivendi. Il tavolo tondo, le riunioni in pochi per ragionare, il rapporto con i compagni più giovani, far cui Francesco Nocchi (definito mio nipote). Le lunghe direzioni. gli interventi ai congressi davanti a centinaia di persone. Il popolo col popolo che il Pd si tenne stretto. 
Con me, oltre ad alcuni compagni cari di San Giuliano e altri sparsi nella provincia, non entrarono nel Pd due persone che porto nel cuore, Scaramuzzino e Gori.
Negli anni, pur da un punto di vista diverso, ho mantenuto sempre ottimi rapporti e ho perseguito l'alleanza da Sinistra col Pd. In fondo Sel, la piccola formazione a cui ero approdato aveva come linea politica quella delle alleanze e la Puglia di Vendola ne era l'esempio. Devo dire che anche i miei rapporti con gli ex democristiani confluiti nel Pd e poi i Renziani doc, sono sempre stati costruttivi, talvolta migliori che con i miei ex compagni; ma con le radici non si scherza. Se fino ad oggi la segreteria Nocchi mi faceva credere che un pezzo di me poteva essere rimasto in quella parte ex comunista chevotava Pd, d'ora in poi tutto è venuto meno. Certamente con questo partito in mano ai renziani, io continuerò ad avere rapporti sani, anche di scontro, ma lealii. Stimando i suoi dirigenti e litigandoci come si fa in politica, senza pensarci nemici, ci mancherebbe .Ma per me qualcosa è definitivamente cambiato, avverandosi  quello che temevo quando dissi no a Paolo. Il Pd odierno non ha più il dna che ho sempre immaginato avesse un po' mantenuto, anche nei periodi di massimo scontro. Inutile fare l'elenco dei perché, è tutto troppo evidente.
Mi dispiace, ma non mi pento della strada di allora. E non ho gli strumenti per modificare le mie caregorie politiche.
Al Pd auguro di ritrovarsi per il bene di tutti, perchè questi sono tempi bui e così non può durare. L'alternativa non ce l'ho. Personalmente ho ritrovato il desiderio di rincorrere come ho sempre fatto (bene o male) la Sinistra di bellezza, che non lascia indietro nessuno. E questo desiderio oggi mi può bastare.

martedì 28 luglio 2015

A proposito di uno spettacolo su Maria Callas

E' tanto tempo ormai che quando esco di casa lo faccio per andare in un posto preciso.
Quando abitavo "in paese"non esisteva la parola "esco".Dentro e fuori per chi è nato su una piazza erano la stessa cosa.
Sono cresciuto nel cuore di un piccolo paesino di provincia e ne porto tutti i segni.
Il bar, l'edicola, il tabacchino, la chiesa, il barbiere, il lattaio, a pochi metri il cinema e la chiesa. Le biciclette senza chiusura appoggiate agli scalini, sotto i platani.
La sezione comunista e la fonte con l'acqua fresca. Tutto nel raggio di 50 metri. Luoghi che sembravano stanze di casa tua. Dove fermarsi, come nel salotto buono di casa.
Ora è diverso. Esco per andare al cinema, ad una riunione, a comprare qualcosa. Prendo la macchina a volte, spesso in motorino. Mai esco per caso. Nemmeno per fare due passi. Oggi ci sono i luoghi attrezzati che raggiungi dopo esserti organizzato e così via.
Anche l'altra sera sono uscito con un obiettivo. Vedere uno spettacolo teatrale, in un luogo di Pisa che un tempo ospitava un cinema dei preti.
Io non sono esperto di teatro, né di cinema, tantomeno di arte in generale.
Ho visto però centinaia di film fin da bimbetto (potenza dei cinemini di provincia), tanti spettacoli teatrali e girato musei. Tutto grazie alla lungimiranza di insegnati che ancora oggi ringrazio e che mi hanno avvezzato ad approfondire le cose, studiandole, fino ad amarle. A portare sempre un libro con te, ovunque vai. Sono un dilettante appassionato della scrittura, come del resto lo sono della politica.
L'altra sera con G sono uscito apposta per vedere uno spettacolo di cui non sapevo nulla. La ragione principale era la conoscenza personale degli addetti ai lavori, ed ho avuto la fortuna di vedere una cosa eccellente. Uno spettacolo su Maria Callas. Elegante, garbato, colto e raffinato, gentilmente forte.
Passeggiando dopo per la città nell'afa di questa estate, riflettevo con G sulla moltitudine che in questi anni bui, esce così tanto per farlo, perché attratta "dalle luci della città", nelle quali ci eravamo immersi anche noi dopo lo spettacolo.
E ho pensato ai talenti in difficoltà, ai teatri che chiudono, ai cinema che faticano, ai libri che si vendono poco e di più se collocati accanto ai detersivi. Ai soldi che dicono non esserci, per promuovere idee .Per "tirare la gente" fuori dalle case, con un bisogno vero.
Ecco ci siamo, basterebbe un nulla e crederci un po'. "La semplicità che è difficile a farsi"... ripartire dalla Cultura e solo da quella. Investire senza paura nel futuro. Aiutare a riflettere, a confrontarsi. Stimolare il talento, accompagnarlo, coccolarlo.
Penso che invece di lavorare a costruire piccoli partiti, da assemblare in occasione di qualche tornata elettorale, bisognerebbe chiedere quale progetto culturale hanno in testa quelli che sognano di ricostruire la Sinistra di governo, che io amo chiamare di Bellezza. Cominciare a interrogarci sul "Che fare?" non sarebbe male.
Siamo maledettamente in ritardo
Imntanto, se vi capita, andate a vedere lo spettacolo sulla Callas. Apre il cuore e mette un tassello sulla strada giusta. Laddove c'è un lumicino che resiste bisogna andare.

lunedì 25 maggio 2015

Alla fine della settimana.



Buonanotte.
Chiudo la settimana .
Ascolto Rava-Bollani, The Third Man.
G. è in viaggio per il mondo.
La mia ragazza giovane e bella è in giro.
Riordino le filastrocche perché la mia giovane editor mi ha detto che il tempo stringe.
E domattina si riparte, scuola, cooperativa, riunioni di lavoro e aiuto a Cecco nel poco tempo che rimane. Ma ne vale la pena.
In uno scaffale dove non guardo mai, oggi ho trovato un volumetto di Pazienza mitico.; Perchè Pippo sembra uno sballato. E dentro una lettera. Me l'aveva scritta Fabrizio Fabbri un po' di anni fa. Non la ricordavo. Il libretto si',la lettera no.Quando cominciò a sentire che la sua vita si accorciava prese regalarmi libri. I suoi libri, che per anni avevo letto e carezzato in quelle belle librerie dell'appartamento del villaggio 100 fiori.
Ricordo bene il Pasolini di Scritti corsari che ogni tanto rileggo qua e là e Balzac, uno dei suoi autori preferiti, lui che aveva studiato a fondo la letteratura francese., E Pennac e Benni. E poi Pazienza e la storia di Pippo. Appunto
Grande F. queste piccole filastrocche che riordino sono a te dedicate. Senza te e la tua smisurata amicizia, non le avrei mai scritte.
Ma l'Arciragazzi era una scuola di pensiero, che questa cazzo di città dovrebbe studiare. "Vogliamo un monumento ......"
In questi tempi bui mi manchi, anche se resto "un cazzone che gestisce il potere e deve fare compromessi" come mi dicevi quando ci vedevamo mentre facevo il sindaco. Tu che dal potete fuggivi sempre.
Ma ogni volta che mi trovavi, anche quando non stavi più bene,mi dicevi di fare ammodo e mi baciavi, sempre.
Se con fatica sono riuscito a farlo "quel mestiere" uscendone indenne è anche grazie a te amico mio, che continuavo a vedere.. Vaffanculo fratello. Che bisogno c'era di andartene così presto. La notte è ancora lunga e a me manca un chitarrista. Per questo ho anche smesso di cantare...
g.



domenica 26 aprile 2015

25 Aprile



E’ stato il primo 25 aprile, senza nessun impegno istituzionale. Fin dal 1990 avevo sempre ininterrottamente rappresentato il Comune di San Giuliano o la Provincia di Pisa nelle celebrazioni. Quasi sempre alla Romagna, che è “casa mia”.
Anche quest’anno però, una decina di giorni prima, ho cominciato i rituali di sempre. Come si fa col Natale.
Ho un bauletto dentro il quale negli anni ho riposto materiali sulla Liberazione. Interviste, libri importanti, fotografie, articoli di giornale …
L’ho riaperto come sempre e ho letto la prima pagina di Appunti partigiani di Fenoglio ( la città… noi, loro…), poi ho “ripassato” la pubblicazione della Resistenza nel comune di San Giuliano Terme. Ho riletto alcuni interventi fatti negli anni in cui ero Sindaco; i documenti per l’intitolazione della biblioteca a Uliano Martini e la via Panoramica a Sandro Pertini. E gli appunti sulle prime riunioni per il progetto memoria, con i testimoni del tempo.
Ho ripensato alla Brigata Partigiana “Nevilio Casarosa” e ai suoi combattenti. Ne ho conosciuti molti, fin da ragazzo. Uliano, Danilo, Giorgio, il maestro Menotti Bennati, e Renzo Vanni il poeta. Giuliano Filidei il direttore e Otello. Alcuni ancora in vita, altri andati, col tempo.
Ho ritrovato un bellissimo intervento sulla Costituzione di Salvatore Senese, che mi regalò per una iniziativa di circa venti anni fa.
E il materiale per un incontro che facemmo con Uliano Martini e Giuliano Campioni “Dall’antifascismo all’antirazzismo”… sembra ieri.
E articoli su Stazzema e Marzabotto… Quanti viaggi, col fido Alberto alla guida.
Ma stiamo al presente.
 Una bellissima cena al Circolo Arci di Migliarino, la sera del 24, per la raccolta di fondi a favore del cippo di Sant’Anna di Stazzema, ha aperto le mie celebrazioni. Tanta gente, tanti amici cari.
Poi la mattina in silenzio, salgo alla Romagna. Lì è sempre vivo il ricordo dell’eccidio. Tante le vittime e Livia Gereschi e il parroco don Bertini. E l’azione Cattolica che eresse un cippo alla memoria, dove mio padre mi portava già all’età di tre anni, sulle spalle lungo i sentieri che andavano a Quattro Venti.
Mi confondo fra decine e decine di studenti e insegnanti; stringo mani, abbraccio persone che non vedevo da mesi. Mirella Vernizzi, staffetta partigiana, richiama tutti all’ordine. Sorrido, ripensando a Eugenio il Tonfo e Beppe Buzzigoli, quando vent’anni prima, il 25 Aprile del 1995 sotto una pioggia battente, pensammo al Progetto Memoria. Ed ora eccolo lì, il più grande regalo a tre cari amici comunisti  che non ci sono più.
Ma ormai si è fatto tardi, sono le 11.00; è tempo di andare da Giorgio Vecchiani, il Presidente dell’Anpi.
E’ a casa sua, a Pisa. Non ha partecipato alle commemorazioni perché indisposto. Ha compiuto 89 anni da poco. L’ho chiamato di prima mattina avvisandolo che sarei passato a trovarlo. Mi aspetta.
Entro nell’appartamento accolto da sua figlia.
-Ciao Giorgio- E’ seduto su un divano, legge La Repubblica.
-Ti ci voleva il 25 Aprile per ricordarti del Vecchiani!- mi dice severo.
Mi siedo accanto a lui e subito, non so perché, il pensiero va a Uliano, morto il 1 marzo di vent’anni prima.
Il giorno del mio compleanno aggiunge con amarezza Giorgio.
Mi ricorda che pochi mesi dopo ad Uliano intitolammo la biblioteca a San Giuliano.
Ero diventato Sindaco il 24 aprile del 95 e avevo fatto il mio primo discorso ufficiale in occasione del cinquantesimo della Resistenza all’Agrifiera. Ho ancora memoria della nottata passata a scrivere una paginetta.
Giorgio parla, è sereno e lucidissimo.
Ha voglia di raccontare. E lo fa con ingordigia.
La Resistenza sui monti di Asciano, e poi il Partito comunista, la famiglia e il suo lavoro all’Eca. E la tesoreria del Pci. Diciassette anni nel consiglio di amministrazione dell’ospedale e la Pubblica assistenza. E poi L’Anpi, ma anche il sindacato e la cooperativa per ex detenuti.
Non sbaglia una data. Se sbaglio mi rimprovera come un babbo.
Ricorsa Valentino Orsini e un documentario costato 300.000 lire, pagato dal partito. E i Taviani.
E felice che le giovani ragazze dell’Anpi l’abbiano chiamato e che una volta alla settimana vadano a fare una riunione a casa sua. Si è rivisto nell’intervista di 50 canale fatta il giorno prima e ha uno scatto di vanità, mentre me lo racconta.
Ha tempo di parlare dei suoi viaggi in Russia, di De Felice, dei partiti a cui non ha più aderito dalla fine del PCI.Anche Uliano fece lo stesso, aggiunge.
Mi parla delle prime sale da ballo nel dopoguerra, di quella in Corso Italia, gestita dal comitato antifascista.
Gli racconto dell’ iniziativa dell’Arci per questa festa della Liberazione. Fare feste da ballo nei circoli e nelle piazze , in onore del ballo che il comune di Milano dette dopo la Liberazione al Castello Sforzesco con la regia di Strehler.
Gli brillano gli occhi.
Ad un tratto, suona il campanello. La figlia si affaccia e dice- Sono arrivati!- Giorgio raggiunge il terrazzo, e giù nello slargo davanti al suo palazzo, decine e decine di giovani in bicicletta lo salutano urlando. E’ la “biciclettata antifascista” che fa gli onori al Comandante. Giorgio dice poche parole di ringraziamento, senza dimenticare nulla di quello che conta. Poi dal basso parte Bella Ciao.
Decine e decine di persone giovani e meno giovani col naso all’insù. La gente del vicinato esce sui terrazzi e lui si commuove. Lo tengo da dietro ritratto. Solo lui è affacciato.
Il mio 25 Aprile finisce qui sulle note di Bella Ciao, cantate in mezzo ad una strada di Pisa.
Tornando a casa mi viene alla mente un biglietto che Giorgio mi scrisse sulla porta in Provincia dieci anni fa.
Avevamo un appuntamento per parlare dell’Anpi ed  ero in ritardo.
A casa riapro il baule degli scritti. Ruffolo e ritrovo il biglietto giallo, ormai scolorato.
Leggo- “Non so com’è  l‘abitudine degli assessori. I partigiani avevano il difetto di essere precisi. Ore 9.35.-
Saluti Giorgio Vecchiani
P.S. L’appuntamento era alle 9.30
La Resistenza imponeva rigore. Quello che va ritrovato in politica, alla svelta.

domenica 19 aprile 2015

1 gennaio 1959

Entrata all'Avana.
La Rivoluzione cubana ha vinto.
da sin. nella foto : Fidel Castro, Umberto Sbragia, Ernesto Che Guevara, Roaul Castro, Camilo Cienfuegos.



lunedì 30 marzo 2015

Edizione straordinaria: 100 anni

Un episodio per ricordare 
Pietro Ingrao

1990.
Pisa Cinema Odeon, sala strapiena, congresso della svolta del Pci.
Da pochi mesi bazzicavo assiduamente il Partito Comunista. Avevo messo anni per superare la diffidenza che avevo nell’"apparato" e solo quando mi ero deciso,candidandomi a San Giuliano nella lista con la falce e martello, Occhetto aveva proposto “la svolta”. La cosa non mi era piaciuta e per contrastarla avevo scelto le ragioni di Ingrao, che amavo da sempre.





Tre mozioni in ballo si confrontavano quel giorno.
Sul palco:per la mozione 1 (di Occhetto) Massimo D'Alema
                 per la mozione 2 Ingrao stesso
                 per la mozione 3 (di Cossutta) Gian Mario Cazzaniga
D'Alema "pisano d'adozione" aveva molti amici in città e quelli a lui più vicini sapevano che non era convinto della svolta. Le sue perplessità erano comuni a molti suoi sostenitori, segretario di via Fratti in testa.Massimo D'Alema stette però alle regole, e non derogò al suo compito, inerpicandosi in un discorso intelligente come sempre, ma gelido... come il suo carattere.
Cazzaniga rivendicò il Comunismo e la coerenza alla bandiera. Epico e professorale...
Ingrao aveva un foglietto in mano. Parlò e ci parlò. La sala acoltava in silenzio. Commosse tutti, anche i più convinti della svolta.
Fu grande e poetico. Anticipò la Sinistra di bellezza allo stato puro.
Indimenticabile.
 Ho chiaro che questa è una piccola ricostruzione personale e di parte; ma che un "comunista acchiappanuvole" (come lo definivano i suoi detrattori) compia 100 anni e che nella vita  abbia sognato, scritto poesie e approfondito il cinema,  mi fa sperare che il mondo si possa cambiare governando da Sinistra, senza rinunciare alla giustizia sociale e alla bellezza che la fa grande.

 Senza la quale, che sinistra sarebbe?
Buon compleanno per i tuoi 100 anni, Pietro Ingrao.