domenica 21 luglio 2013

Romeo

Luglio, sono dieci anni che è morto mio padre; ed io mi sono fatto trovare per questa ricorrenza, su una spiaggia della Grecia.
Penso che a mio padre sia piaciuto avermi saputo lì, anzichè al cimitero ad accompagnar mia madre.
Se ci fosse stato, l'avrei chiamato verso sera dalla vacanza e lui avrebbe risposto sobrio e misurato, come sempre. Non urlando come mia madre, che quando riceve mie notizie dal mondo, sbraita felice nel telefono.
Lui no; avrebbe risposto-"Ciao Gabri, stai bene, tutto bene? Divertiti."
E si sarebbe fatto passare immediatamente sua nipote, anche solo per sentire la voce.
Adele ormai ventenne, non viaggia più con me e Giovanna, ma allora era sempre con noi; e lui, quando eravamo in giro, non aspettava che parlare con lei. E io, ad arte, favorivo quei dialoghi indimenticabili fra nonno e nipote, che stavo ad ascoltare in silenzio.
Mio padre era così: silenzioso, buono, semplice. Attento a tutto ciò che poteva turbare la mia vita e quella dei suoi cari. Senza eccedere, ma accorto.
Era sempre il primo a chiamare quando leggeva qualche notizia "strana" sul giornale, ai tempi che ero Sindaco. Ma non mostrava mai apprensione. Garbato e gentile si faceva sentire vicino e tu sapevi che c'era.
E anche se lui considerava me molto più tosto di lui, io sapevo che non era vero.
Sapevo che lui era un punto di riferimento. Nei momenti difficili è lui che ho sempre cercato.
Per esempio la notte che passai con lui (senza allarmare nè Giov che era ancora all'ospedale, nè mia madre) quando, non appena nata mia figlia, mi fu detto che dovevano fare degli accertamenti che poi si rivelarono senza problemi. E lui stette con me, ormai "uomo fatto", sul divano a rassicurarmi fino all'alba.
L'ultima parte della sua vita, dopo che aveva smesso di fare il barbiere, l'ha poi interamente dedicata a sua nipote. Anche se non era più in grande salute,  le sue ultime energie  sono state per Adele.
 Ho ancora la foto di uno dei suoi  ultimi sorrisi, con in braccio sua nipote che gli strizza le gote.
In quel periodo difficile, nei mesi prima di lasciarci, lo invitavo a tutte le iniziative del comune.
Lui veniva accompagnato da qualche altro pensionato, si metteva in fondo alla sala se era un convegno o mischiato fra la gente se si trattava di una inaugurazione, senza avvicinarsi mai.
A volte faceva un cenno per annunciarmi la presenza; io magari gli strizzavo un occhio.
Alla fine della manifestazione,  lo raggiungevo, gli mettevo una mano intorno alla spalla e lo baciavo... sempre. -Ciao babbo.- gli dicevo piano in un orecchio. Poi tornavo al "mio ruolo".
 E a lui si illuminava il viso e mostrava una grande felicità.
Ancora ciao babbo, un bacio.