A settembre dello scorso anno ho risistemato la mia vespa Px 150, rigorosamente a miscela.
Mi porto sempre dietro l'olio in una tanichetta. Miscelare artigianalmente benzina e olio lo vivo come un atto d'eroismo. Ohhh! se potreste vedere come i benzinai mi aiutano nel "fabbricare" il carburante. Sono solidali, romantici, tornano anche loro più giovani.
Il mezzo è del 1982.
Un amico di mio padre che sapeva dove mettere le mani, l'ha tirata al lucido.
L'ho fatta tingere rosso fuoco. E' bellissima. Eccola.
Sono affezionato alla mia Vespa, anche perchè prima di me, i proprietari sono stati due fra i miei amici più cari di Molina di Quosa.
Il primo è Antonio detto il "tordo", che allora operaio della Piaggio, la comprò con lo sconto, "per conto terzi", ed ebbe appena il tempo di salirci dalla concessionaria a casa che la passò a Claudio detto lo "straniero" il vero committente, che divenne il secondo proprietario. L'abbandonò dopo un anno, perchè, come accade per tante cose, si invaghì di un motorone mi pare un Ktm o quella roba lì. Un mezzo rombante e senza cuore. La vespa così passò a me, che la comprai di terza mano, ma praticamente nuova. Aveva fatto duemila chilometri.
Fu amore a prima vista. Ormai sono 32 anni che stiamo insieme.
Ha cambiato tre colori, carta da zucchero all'uscita dalla fabbrica, bianca intorno agli anni novanta, e ora rossa, per la precisione "rosso Ferrari". Ma il fisico è quello di sempre. La vespa pare non invecchiare mai. Nè ti abbandona. Tutti sanno cambiare una candela o al limite mettere le marce anche se la frizione è rotta. Solo tu puoi lasciarla e chi lo fa la rimpiange tutta la vita.
Con la vespa ho scorrazzato insieme a Giovanna per tutte le isole più belle, fin da quando l'ho conosciuta.
Con la vespa contiamo ancora di scorrazzare. Averla messa a nuovo è una cosa che andava fatta. Avevo aspettato anche troppo. Da troppo era ferma.
Ora pare davvero ringiovanita e porta in giro l'aria della ragazzetta spensierata.
Ultimamente, su suggerimento di un giovane vespista, ho sostituito il grande parabrezza invernale della foto, con un "parabrezzetto" estivo che la rende davvero più sbarazzina. Questa estate ne vedremo delle belle.Abbiamo come obiettivo, Roma d'agosto, vuota come mai vista. Proveremo a macinare chilometri.
Mai quanti ne ha fatti il grande Giorgio Bettinelli.
Ho finito ieri di leggere il suo libro "In vespa da Roma a Saigon".
Avvincente. Un omaggio a tutti i vespisti del mondo.Il racconto di un viaggio fatto nel 1993.
Bettinelli classe 1955, giornalista, musicista e avventuriero, ma soprattutto curioso della vita, in sella alla sua vespa ci fa conoscere attraverso i suoi scritti, "mondi lontanissimi"elencati da una prospettiva inusuale.
Cliccate il suo nome su google e vi apparirà di tutto.
E' mancato presto. Era in Cina e un malore nel 2008 l'ha sottratto alla sua bellissima vita. Aveva sposato una cinese incontrata durante uno dei suoi viaggi on the road.
A questo uomo delle meraviglie è dedicata la tinteggiatura della mia vespa.
Spero che gli piaccia.
Intanto vi propongo un'anticipazione del suo primo libro.
Scrive questo pezzo, appena arrivato in Vietnam e dopo un viaggio di sette mesi attraverso Gracia,Turchia, Iran, Pakistan,India, Bangla Dash e una serie di peripezie fra Birmania,Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam. 24.000 chilometri!!!
Parla di un giovane vietenamita addetto all'ambasciata italiana, con cui ha fatto amicizia e che lo accompagna per Ho Chi Minh City.
"Pochi giorni prima (che Saigon si arrendesse), Tanh aveva compiuto ventisette anni e la resa fu il suo regalo. Per tre settimane aveva vissuto come una talpa nei cunicoli e nelle gallerie sotterranee di CuChi, vicino a Saigon; per mesi era stato nella jungla, senza cibo,sotto una pioggia incessante,incespicando nelle risaie sui corpi maciullati dei suoi compagni, strappando con un grido di rabbia, le piastrine dal collo dei militari americani che aveva ucciso.
Tanh era uno di quei vietcong che in molti film americani sono rappresentati come bertucce isteriche e crudeli, stupide fino all'inverosimile. Guardandolo mentre guida, col suo bel profilo color cuoio e una lunga cicatrice sullo zigomo, ascoltando il suo modo pacato di parlare e ricordando tutto quello che aveva fatto per me in quei giorni disinteressatamente, ripenso alla scena in cui De Niro, col trucco delle pallottole messe nel caricatore durante la roulette russa, fa secchi i suoi aguzzini ingenui e urlanti...E mi dico una volta di più che i vietcong non avrebbero mai potuto vincere una guerra che sulla carta era persa in partenza, se fossero stati come li descrive Il Cacciatore."
Leggete il libro. Libera la mente e fa venire voglia di fare un giro.