sabato 15 marzo 2014

Piero Studiati Berni

Questo raccontino tratto dal mio libro "Molina mon amour" del 2012 edito da Ets, è dedicato a due personaggi di Molina di Quosa
Il primo è Pioviscolo, mitico panaio, amante della topa come nessuno.
E poi lo  Studiati, nobile signore del paese. Persona straordinaria. Liberale ottocentesco. Amico carissimo. Mio padre è stato il suo barbiere di fiducia tutta la vita e mia madre la sua sarta.
Pioviscolo ci ha laciato da qualche anno. Piero l'ha raggiunto in questi giorni.

"A loro che ci guardano è dedicato il culo dell'australiana
 del racconto qui sotto"

 L’australiana...
C’è a Molina un gran signore, stimato e rispettato da tutti;
abita da sempre in una bellissima villa ai margini del paese. Le
ville gentilizie del lungomonte sangiulianese sono un pezzo di
storia pisana.
Il signore è conosciuto da tutti: aria nobiliare, educazione,
gentilezza raffinata, attaccamento alle radici della sua terra e
al popolo, che ha sempre rispettato con grande affetto e classe,
differenziandosi per questo da molti suoi pari della zona. In
gioventù, come tutti i giovani benestanti, ha girato il mondo in
lungo e in largo.
Un bel giorno, erano gli inizi degli anni Settanta, portò a
Molina una bellissima fidanzata inglese che di lì a poco sposò.
La bella donna gli ha dato due figli, un maschio e una femmina.
All’epoca, finita la scuola, agli inizi di giugno, arrivava alla
villa una baby sitter inglese (ogni anno diversa) a cui venivano
affidati i bambini per tutto il periodo delle vacanze estive.
Noi giovinastri ci divertivamo ogni anno a “dare i voti alle
baby sitter di turno” che, onestamente, non sono mai state eccellenti
dal punto di vista estetico. Qualcuno, alle volte, ha anche
provato a fare il “gallaccione” con loro, ma senza lasciare
ricordi.
Un anno, però, accadde una cosa particolare: alla villa arrivò
una baby sitter australiana, alta un metro e ottanta, bionda e
“discreta”… e subito scattò la caccia alla cangura…
Al bar non si parlava d’altro e tutti, anche i meno interessati
all’argomento, finivano per essere mossi dalla curiosità. L’australiana
teneva banco e, piano piano, tutti avevano cominciato
a studiarne le mosse.
Ad ogni scoccar di mezzogiorno, in piena estate, la ragazza
attraversava la piazza per andare a prendere il pane e, tutti i
giorni, noi studenti nullafacenti, finiti gli esami (chi li aveva
dati), aspettavamo il passaggio sulle panchine, immaginando
possibili approcci. Qualcuno ci provò senza risultato; l’australiana
pareva inespugnabile. La faccenda diventò oggetto di
discussione continua ed elemento di scherno al bar di Bruno
della Botteghina.
I più vecchi ci canzonavano dicendoci che, tornata a casa,
“la bionda” sarebbe stata costretta a raccontare che in quel paesino
non c’erano ragazzi “svegli”, dandosi poi di gomito. Altri,
più esplicitamente, dicevano che eravamo una ciurma di “non
trombanti” e questo colpiva duro e nel mucchio.
Bisognava farla “capitolare”: questa era diventata la missione.
Chiunque l’avesse portata una sera in Versilia a fare anche solo
una passeggiata, raccontando dopo qualunque bugia, avrebbe
costruito la vittoria di tutti. E il riscatto...!
Una notte parlavamo della ragazza seduti sulle panchine
sotto i platani, nel caldo soffocante dell’estate. Di fondo borgo
apparve Pioviscolo il panaio che, sentendo l’argomento, prima
fece una serie di eccellenti apprezzamenti sulle parti anatomiche
della baby sitter e poi lanciò la sfida: «Boni a nulla chiacchieroni,
incapaci anche solo di chiedergli il nome, scommettete
che io domani gli tocco il culo?». Lo prendemmo parecchio
in giro, ma Piovi era uomo di parola, orgoglio e passioni, e insistette
nella sfida.
- «E come potremo essere sicuri che l’avrai fatto davvero?».
- «Abbiate fede e vedrete, la prova sarà lampante».
L’indomani, piazzati sulle panchine, eravamo in numero superiore
alla media. Ovviamente si era sparsa la voce…
«Piovi vuol toccare il culo alla baby sitter, quella inglese…
no australiana, ma fa lo stesso. Quella col culo bello, per capirsi
». Ormai al bar lo sapevano tutti...
A mezzogiorno, come tutte le mattine, l’australiana, short
e magliettina, attraversò la piazza… e dopo un quarto d’ora
la vedemmo ritornare su, dal fondo Borgo, dov’era il forno di
Pioviscolo.
In silenzio la guardavamo arrivare bella e procace, come
sempre… e all’attraversar della strada, all’altezza dei platani,
non appena si accinse a metter piede sul marciapiede, un’immagine
spettacolare e indimenticabile colpì i nostri occhi increduli
e fece scattare un applauso sincero e grida di festa. «Tutti
in piedi sulle panchine, viva Piovi». Evviva per tutta la vita.
La mano lesta e birbante del panaio tuffata nel sacco della
farina, eludendo lo sguardo sempre attento dell’Ogarita sua moglie
che lo conosceva bene, aveva lasciato l’impronta sul gran
culo della ragazza senza che lei facesse una piega (la leggenda
racconta che non gli sia dispiaciuto, ma qui abbiamo ragione di
credere che il racconto del panaio fatto e rifatto negli anni si sia
un po’ troppo allargato).
La “bellissima” attraversò la piazza con la prova provata in
bella evidenza: l’impronta di farina sul culo.
Pioviscolo, abbandonato il forno, ci raggiunse in tutta fretta.
Ciabatte “col dito”, pantaloni rovesciati, scamiciolato come
sempre, gridò: «Ragazzi… ora pagate la scommessa al barre…
e imparate!».
Che Dio, se c’è, preservi “Ernesto Petri detto Pioviscolo”
ovunque esso sia.