martedì 17 settembre 2013

Lettera a fabrizio

Caro Fabrizio
stanotte ho sognato un gioco che facevamo al tempo dell'Arciragazzi.
Sai quello con le fasce numerate intorno alla testa;  che si veniva eliminati se il tuo avversario leggeva il numero intero di 5 cifre.....
Ricordi ai campi solari o a Montemagno o a Baratti, anche un'ora con la testa piantata per terra, pur di non farsi eliminare. "Perchè guai tappare i numeri con le mani..."-gridavano gli arbitri; si veniva squalificati.
Nel sogno avevi la testa appoggiata a un castagno. Io facevo l'arbitro e un bimbetto sdraiato per terra , che mi pare fosse il Biagiotti, tentava di leggere da sotto in su, la tua fascia. Il Biagiotti "un tuo bimbo" del gruppo Momo, ricordi, con quella erre moscia alla Guccini. Indolente e sagace come pochi. Oggi è sociologo il ragazzo, allora aveva tredici o quattordici anni. Insomma per tornare a noi, tu ti difendevi pigiando la testa nell'albero. D'un tratto ti sei girato verso di me e sulla tua fascia ho letto la mia data di nascita... poi mi sono svegliato.
Porca puttana Fabrizio, cosa avrà voluto dire.
Senza scomodare psicanalisi o altre stronzate, mi piace pensare che tu volevi essere me ed io te. Forse era questo che ci  affratellava. volevamo essere un tutt'uno, porca miseria. Il fratello che a me mancava e che tu anche avresti voluto avere. "Fratellone" mi chiamavi, e come mi garbava. Questo ci ha sempre legato, il "sangue" che sentivamo in comune.

Sai, forse il librino di filastrocche si farà; ci sarà anche Beppe, ma sarà di tutti.
La Capa della casa editrice a cui ho parlato del progetto, nell'apprendere che sarà dedicato a te, ha un sorriso e poi ha detto -"Il grande libraio dl Cid finito poi all'Arciragazzi. Esperienze belle e potenti come quelle lì, a Pisa non ci sono più state"- Ha ragione lei e che emozione sentirglielo dire.
Noi, l'associazione Arciragazzi  eravamo progetto, comunità, trasgressione, formazione e passione, vacanze e cazzeggio, canti a squarciagola e viaggi, amicizia, giullari e studiosi, libertà allo stato puro, sempre dalla parte dei più deboli...a partire dai bimbetti. Nella mente e nel cuore avevamo e volevamo "il futuro migliore e la giustizia sociale".
Ci dicevamo comunisti, salvo precisare ridendo che a Mosca ci avrebbero arrestato subito.
Pensa un po', sulla Piazza Rossa, a cantare Jack and Tina o a mimare "Piccolo grande amore"; rincorsi dopo un minuto dai cosacchi a cavallo.
Eravamo già allora  la Sinistra di bellezza e tu eri il Comandante.
E allora buon futuro amico mio, i grandi capi si sa, non muoiono mai.
E quel saluto "guerrigliero" che fai nella foto sopra, di ritorno da una gita alla Buca delle Fate quasi trent'anni fa, è ancora nella testa di tutti noi.
Venceremos Comandante.
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