Alla Diaz un massacro ingiustificabile
La condotta violenta della polizia nell’irruzione alla scuola Diaz ha “gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”.
A sottolinearlo sono i giudici della quinta sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui, il 5 luglio scorso, decisero di confermare le condanne per gli ex vertici della polizia coinvolti nell’assalto alla scuola Diaz, dove alloggiavano i no-global e dichiarato prescritti i reati di lesioni gravi nei confronti di alcuni agenti imputati. La sentenza (n. 38085) è stata depositata oggi ed è lunga 186 pagine.
No alle attenuanti generiche
La “gravità” dei reati commessi dai funzionari della polizia, come quello della violazione “dei doveri di fedeltà” delle calunnie e dei falsi, legittima il ‘no’ “al riconoscimento delle attenuanti generiche” a favore degli imputati. Hanno commesso una “consapevole preordinazione di un falso quadro accusatorio ai danni degli arrestati, realizzato in un lungo arco di tempo intercorso tra la cessazione delle operazioni ed il deposito degli atti in Procura”.
Arresti per riscattare l’immagine della polizia“
L’immagine della
polizia doveva essere riscattata, essendo apparsa inerte di fronte ai
gravissimi fatti di devastazione e saccheggio che avevano riguardato la città
di Genova, e il riscatto sarebbe dovuto avvenire mediante l’effettuazione di
arresti, ovviamente dove sussistenti i presupposti di legge”. Questo, secondo
la ricostruzione della Cassazione, il motivo per cui si decise l’irruzione alla
scuola Diaz, avvenuta nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001.
Dal capo della polizia – si legge nella sentenza depositata
oggi – era giunta la direttiva di affidare al dottor Gratteri del servizio
centrale operativo, il compito di effettuare perquisizioni, in particolare
presso la scuola ‘Paul Klee’, sospettata essere divenuto il rifugio di
appartenenti al gruppo violento dei cosiddetti ‘black block’”.
I giudici genovesi “hanno evidenziato non certo
illogicamente – osserva la Suprema Corte – come l’esortazione rivolta da capo
della polizia ad eseguire arresti, anche per riscattare l’immagine della
polizia dalle accuse di inerzia, aveva finito con l’avere avuto il sopravvento
rispetto alla verifica del buon esito della perquisizione stessa, per cui
all’operazione erano state date caratteristiche denotanti un assetto militare”.
Comportamento odioso dei vertici di comando
La Cassazione, nelle
motivazioni del processo ‘Diaz’ evidenzia, come già fatto dalla Corte d’Appello
di Genova, “l’odiosità del comportamento” dei vertici di comando. “Di chi, in
posizione di comando a diversi livelli come i funzionari - è scritto – una
volta preso atto che l’esito della perquisizione si era risolto
nell’ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed
emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che
aveva gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero e di
rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti
creando una serie di false circostanze”.
In pratica, crearono verbali menzogneri “funzionali a
sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa”.Ed avevano formulato le accuse “in modo logico e coerente, tanto da indurre i pubblici ministeri a chiedere, e ottenere seppure in parte, la convalida degli arresti”.
Carta bianca alla violenza gratuita da “macelleria
messicana”
Vi fu “carta bianca”
in merito alle violenze da “macelleria messicana” avvenute alla scuola Diaz di
Genova nel luglio 2001, a G8 concluso. Lo si evince dalle 186 pagine con le
quali la Cassazione spiega perchè, il 5 luglio scorso, confermò le condanne
agli ex funzionari di polizia (dichiarando prescritti i reati di lesione
contestati agli agenti).
“Tutta l’operazione si è caratterizzata per il sistematico e
ingiustificato uso della forza da parte di tutti gli operatori che hanno fatto
irruzione nella scuola Diaz e la mancata indicazione, per via gerarchica (da
Canterini a Fournier e da questi ai capi squadra, fino agli operatori), di
ordini cui attenersi”, si legge nella sentenza depositata oggi.Per la Cassazione vi era stata una sorta di “carta bianca, preventivamente assicurata fin dalla fase genetica dell’operazione che successivamente sul campo, di cui hanno usufruito tutti i capi squadra in assenza appunto di alcuna programmazione”.
Vincenzo Canterini, all’epoca capo del primo reparto mobile di Roma, “benchè presente sul campo e in grado di apprezzare anche l’evolversi degli eventi, si’ da poter intervenire ove avesse voluto per far cessare le violenze – osservano i giudici di Piazza Cavour -, ha invece lasciato liberi tutti gli operatori di usare la forza ad libitum”.
fonte: rainews24