IN PIAZZA CON LA FIOM
PER COSTRUIRE L'ALTERNATIVA DIFENDERE L'ARTICOLO 18 ED ESTENDERE I DIRITTI
Il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro è entrato nella sua
fase più calda, con il governo pronto a portare a compimento i propri
progetti con o senza il consenso delle parti sociali, come più volte
dichiarato dallo stesso Monti e dal ministro del lavoro Fornero.
Al centro dell'attenzione l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori,
accusato dagli esponenti dell'esecutivo e dalla maggior parte dei media
di essere l’ostacolo principale alla crescita del Paese e alle
possibilità lavorative delle nuove generazioni. La gravità e il
significato esclusivamente ideologico dell'attacco, impongono a tutti la
ricerca di pratiche collettive per opporre una resistenza efficace.
La FIOM ha indetto per venerdì 9 marzo lo sciopero generale di
categoria di 8 ore con una manifestazione nazionale a Roma. La
piattaforma è incentrata proprio sulla difesa dell’articolo 18 in quanto
tutela elementare per i lavoratori per non subire ricatti sul posto di
lavoro, e in quanto misura di civiltà.
Chiamiamo i movimenti sociali, le organizzazioni sindacali e politiche,
e la cittadinanza tutta a scendere in piazza a fianco dei metalmeccanici
per proteggere le garanzie sancite dall’articolo 18, difendere i diritti
dei lavoratori, il contratto collettivo nazionale di lavoro, attaccato e
svuotato dalla possibilità di deroghe, e la democrazia nei posti di
lavoro: questione di vera e propria cittadinanza che non può interessare
solo chi vive quotidianamente i luoghi della produzione e
dell’erogazione di servizi. Ed anche per rivendicare politiche sociali
in grado di debellare la piaga della precarietà ed estendere tutele e
diritti a chi subisce oggi il giogo di contratti atipici e a tempo
determinato; unica strada per superare realmente il dualismo attuale del
mercato del lavoro: non togliere i diritti a chi ancora ce li ha, ma
estenderli a chi non li ha.
In un clima di asfissiante unanimismo mediatico verso le scelte
politiche del governo, sostenute in modo acritico in nome della
responsabilità nazionale di fronte all’emergenza finanziaria, riteniamo
doveroso riprendere un discorso e una pratica alternativa allo stato di
cose attuali.
Una pratica che parta dalla difesa dell'Art.18 e dei diritti di chi
lavora, per estenderli a chi non ce li ha, ma che comprenda anche la
lotta per la salvaguardia dei beni comuni, come l’acqua, i servizi
pubblici e la conoscenza, contro i progetti di privatizzazione che
negano la loro fruizione collettiva, democratica e responsabile: una
lotta che deve pretendere il rispetto della straordinaria vittoria
referendaria del giugno scorso su cui il governo sorvola. Così come è
necessario contrastare le politiche di austerità, appiattite sulle linee
guida dettate da BCE, FMI e Commissione europea, applicate anche in
Italia dal Governo Monti e che gravano in particolare su lavoro
dipendente, pensionati e ceti più deboli. Politiche che, come dimostra
in modo emblematico il caso della Grecia, non risolvono la crisi ma la
aggravano drammaticamente, con pesanti conseguenze economiche e sociali.
Abbiamo invece bisogno di un'Unione europea non solo economica, ma
anche politica e soprattutto sociale, basata su logiche democratiche e
di inclusione sociale completamente diverse da quelle attualmente
dominanti.
Il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro è entrato nella sua
fase più calda, con il governo pronto a portare a compimento i propri
progetti con o senza il consenso delle parti sociali, come più volte
dichiarato dallo stesso Monti e dal ministro del lavoro Fornero.
Al centro dell'attenzione l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori,
accusato dagli esponenti dell'esecutivo e dalla maggior parte dei media
di essere l’ostacolo principale alla crescita del Paese e alle
possibilità lavorative delle nuove generazioni. La gravità e il
significato esclusivamente ideologico dell'attacco, impongono a tutti la
ricerca di pratiche collettive per opporre una resistenza efficace.
La FIOM ha indetto per venerdì 9 marzo lo sciopero generale di
categoria di 8 ore con una manifestazione nazionale a Roma. La
piattaforma è incentrata proprio sulla difesa dell’articolo 18 in quanto
tutela elementare per i lavoratori per non subire ricatti sul posto di
lavoro, e in quanto misura di civiltà.
Chiamiamo i movimenti sociali, le organizzazioni sindacali e politiche,
e la cittadinanza tutta a scendere in piazza a fianco dei metalmeccanici
per proteggere le garanzie sancite dall’articolo 18, difendere i diritti
dei lavoratori, il contratto collettivo nazionale di lavoro, attaccato e
svuotato dalla possibilità di deroghe, e la democrazia nei posti di
lavoro: questione di vera e propria cittadinanza che non può interessare
solo chi vive quotidianamente i luoghi della produzione e
dell’erogazione di servizi. Ed anche per rivendicare politiche sociali
in grado di debellare la piaga della precarietà ed estendere tutele e
diritti a chi subisce oggi il giogo di contratti atipici e a tempo
determinato; unica strada per superare realmente il dualismo attuale del
mercato del lavoro: non togliere i diritti a chi ancora ce li ha, ma
estenderli a chi non li ha.
In un clima di asfissiante unanimismo mediatico verso le scelte
politiche del governo, sostenute in modo acritico in nome della
responsabilità nazionale di fronte all’emergenza finanziaria, riteniamo
doveroso riprendere un discorso e una pratica alternativa allo stato di
cose attuali.
Una pratica che parta dalla difesa dell'Art.18 e dei diritti di chi
lavora, per estenderli a chi non ce li ha, ma che comprenda anche la
lotta per la salvaguardia dei beni comuni, come l’acqua, i servizi
pubblici e la conoscenza, contro i progetti di privatizzazione che
negano la loro fruizione collettiva, democratica e responsabile: una
lotta che deve pretendere il rispetto della straordinaria vittoria
referendaria del giugno scorso su cui il governo sorvola. Così come è
necessario contrastare le politiche di austerità, appiattite sulle linee
guida dettate da BCE, FMI e Commissione europea, applicate anche in
Italia dal Governo Monti e che gravano in particolare su lavoro
dipendente, pensionati e ceti più deboli. Politiche che, come dimostra
in modo emblematico il caso della Grecia, non risolvono la crisi ma la
aggravano drammaticamente, con pesanti conseguenze economiche e sociali.
Abbiamo invece bisogno di un'Unione europea non solo economica, ma
anche politica e soprattutto sociale, basata su logiche democratiche e
di inclusione sociale completamente diverse da quelle attualmente
dominanti.