e alle ragazze e ragazzi che erano a Genova.
E subito il parere di don Armando
che a Genova c'era.
Di ritorno dalla bella giornata di Genova una domanda: ma quanto forte dobbiamo gridare e quanti dobbiamo essere perché in italia si possa mettere fuori la mafia dai partiti e dalla politica?
Ma prima dell'editoriale e delle notizie
bevete una birra, la suggerisce
il maestro Cantoni
Robinson's "Old Tom", Produttore: Robinsons Family Brewers (Stockport, Inghilterra). Stile: Old Ale. Alcol: 8,5%. Colore: bruno scuro e intenso, con accattivante schiuma cappuccino, fine, discretamente abbondante e persistente. Aroma: deciso e durevole, con note di caramello tostato, mandorla, fichi e uvetta (recante, quest'ultima, una certa vena acidula), esaltate da sentori ossidativi. Gusto: coerente con il naso e con in più una finale vinoso e ossidato da porto (anche qui una punta acidula), oltre che il luppolo, dominante nel finale. Corpo pieno ma non pesante.
E appena arriva il tempo l'editoriale...........
... Eccolo
A Genova tante persone. Tanti ragazzi e ragazze. Quella contro le mafie e i le sue vittime, è la manifestazione più giovane che frequento in questi anni difficili.
E tanti ragazzi dalla provincia di Pisa, studenti e insegnanti e Associazioni.
E nei giorni che precedono e dopo, belle iniziative nei comuni e fra le associazioni;
e il grande posterone di Falcone e Borsellino sulla facciata del palazzo della provincia. Bellissimo.
E il Codice Etico di avviso Pubblico (la carta di Pis ), che impegna i politici a "dare di più".
Un rinnovamento dal basso, della politica e dei partiti, che non vanno abbandonati.
E gli amministratori sotto tiro e la campagna contro la Corruzione e i Colletti Grigi come li chiama Ciotti; gli accondiscendenti, senza i quali la mafia nulla potrebbe. Perchè alla politica non serva la mafia, ma alla mafia la politica serve....eccome.
E pochissimi erano i politici di alto rango presenti a Genova, quasi non si sentissero graditi.
E la speranza che possano essere tanti in futuro a guidare una società basata sulla giustizia sociale.
Genova un nuovo inizio, un non abbassare la guardia.
Contro le solite facce...
E le notizie in fila
Massacro Usa in Afghanistan 16 civili ucccisi
Università strangolata dal nepotismo. Adele legge la notizia e si rabbuia.
Il Marchetti ha presentato il libro, documentato qualche post fa. Bravo Franchino. Bella storia.
E a Pisa, una conferenza stampa che non mi garba e una filastrocca che lo dice.
Il Vecchiani interviene duro contro i fascisti di Forza Nuova e qualche leggerotto che lo chiama nostalgico.
E la notizia impressionante che l'acqua non potabile uccide sette persone ogni minuto.
Secondo l'OMS servono 18 milioni di dollari all'anno per salvare 3,6 milioni di persone
e vaffanculo al business.
Emiliano, Emiliano sindaco di Bari, bisognerebbe sculacciarti e forte.
E secondo me, dopo il prounciamento della commissione di garanzia a Palermo, l'esito delle primarie va rispettato. Anche se non ci garba. Se no, salta il castello.
Coppie gay, diritto alla vita familiare, ma che fatica afferare la civiltà.
Placido Rizzotto, funerali di stato a Corleone
Fossati ultimo concerto
E Marina Abramovic: Performance estreme
In questa intervista Marina Abramovic mette l’arte da parte per parlarci di sesso e buddismo. E di quando volevano chiuderla in manicomio
The Artist is Present s’intitola la mostra al MoMA.
E, se l’artista in questione è Marina Abramovic, potete giurarci: è presente davvero.
Cosa sarà mai rimanere 7 ore al giorno seduta a guardare negli occhi i visitatori per una che, davanti alpubblico, si è denudata-tagliata- fatta tagliare-gettata fra le fiamme-lasciata avvinghiare da 5 pitoni affamati?
«E invece no: sarà questa la performance più radicale della mia vita» ci sorprende lei.
«Ognuno può fermarsi di fronte a me quanto vuole: tre minuti o tre ore. In silenzio. Il contatto visivo non è facile, intimidisce parecchio».
Più che mostrarsi nudi?
«Certo. Puoi leggere così tanto, puoi vedere così tanti dolori attraverso gli occhi! All’inizio - negli anni Settanta – le mie performance erano più drammatiche, più fisiche, duravano un’ora o due. Progressivamente si sono allungate: più tempo ci metti, più radicalmente trasformano te e chi osserva. La finzione si dissolve, tutto diventa realtà. Questo ti rende vulnerabile e la vulnerabiltà provoca una risposta emotiva dal pubblico».
È questa risposta emotiva lo scopo dell’artista, oggi?
«Sì, però non una risposta emotiva fine a se stessa. Abbiamo perso i nostri templi, il museo è diventato il nostro nuovo tempio: qui dobbiamo elevare lo spirito, non buttarlo giù. Ecco perché quel che chiedo a me stessa è radicale: devo essere un esempio, la gente guarda a me come a uno specchio. La mia preparazione è rigorosissima: non parlerò per tre mesi, tornerò a casa senza comunicare, senza usare il telefono».
E la sua vita privata?
«Ora non c’è nessun uomo, sono concentrata sulla performance. Ma sono sicura che quando finirò, il 31 maggio, inizierà un capitolo inedito della mia vita. E sarò di nuovo aperta per una relazione».
Nel frattempo abolito anche il sesso?
«Il sesso va di pari passo con l’amore, è qualcosa di fantastico solo se c’è amore. Attualmente non si ha un atteggiamento sano verso il sesso, che poi sarebbe: averne bisogno come del cibo. E questo non è che una riprova di quanto la società sia malata. In America spesso ci si astiene perché le persone sono travolte dal lavoro, non hanno tempo: magari bevono o prendono pasticche o droghe... Quando la relazione fra il corpo, il sesso e il cibo è disturbata, diventa tutto non naturale».
Lei ha una relazione sana col suo corpo, dopo avergli inferto tante cicatrici?
«Sto bene, sono probabilmente più sana - con tutte le cicatrici - di altri che non ne hanno neppure una. Perché io af fronto le mie paure e le scaccio. Quando capisci che puoi controllare il fisico, sei davvero libero».
Sarà dunque esente dalle preoccupazioni delle mortali: chili in più, rughe.
«Nel lavoro non importa se il corpo è vecchio o giovane, malato o sano. Nella vita privata, no: sono una che entra e esce dalle diete e non mi nego trattamenti - rigorosamente non invasivi – che mi facciano sentire meglio. A novembre compio 64 anni...».
Sessantaquattro? Stupefacente!
«... e a 64 anni voglio fare soltanto cose che abbiano senso, che mi rendano l’esistenza più felice e più semplice. Non si può assecondare ciò che ci viene imposto dall’esterno. Devi effettuare una sorta di montaggio della tua vita, tagliare le parti non importanti. Un lama tibetano mi detto di cercare una cosa chiamata holy selfishness, un san(t)o egotismo: se non pensi prima a te stessa e a quello che è bene per te, non puoi fare il bene degli altri. Se sei un’artista, poi, rischi di arrivare a bruciarti. Io voglio proteggermi. Anche dalle tentazioni del mercato, che ti spingerebbe a produrre, produrre. Per che cosa? Meglio avere meno e più qualità che collezionare progetti uguali – in definitiva - a quelli che hai già realizzato. Non intendo ripetermi».
L’intera intervista su “Io donna”, 13 febbraio 2010
Cosa sarà mai rimanere 7 ore al giorno seduta a guardare negli occhi i visitatori per una che, davanti alpubblico, si è denudata-tagliata- fatta tagliare-gettata fra le fiamme-lasciata avvinghiare da 5 pitoni affamati?
«E invece no: sarà questa la performance più radicale della mia vita» ci sorprende lei.
«Ognuno può fermarsi di fronte a me quanto vuole: tre minuti o tre ore. In silenzio. Il contatto visivo non è facile, intimidisce parecchio».
Più che mostrarsi nudi?
«Certo. Puoi leggere così tanto, puoi vedere così tanti dolori attraverso gli occhi! All’inizio - negli anni Settanta – le mie performance erano più drammatiche, più fisiche, duravano un’ora o due. Progressivamente si sono allungate: più tempo ci metti, più radicalmente trasformano te e chi osserva. La finzione si dissolve, tutto diventa realtà. Questo ti rende vulnerabile e la vulnerabiltà provoca una risposta emotiva dal pubblico».
È questa risposta emotiva lo scopo dell’artista, oggi?
«Sì, però non una risposta emotiva fine a se stessa. Abbiamo perso i nostri templi, il museo è diventato il nostro nuovo tempio: qui dobbiamo elevare lo spirito, non buttarlo giù. Ecco perché quel che chiedo a me stessa è radicale: devo essere un esempio, la gente guarda a me come a uno specchio. La mia preparazione è rigorosissima: non parlerò per tre mesi, tornerò a casa senza comunicare, senza usare il telefono».
E la sua vita privata?
«Ora non c’è nessun uomo, sono concentrata sulla performance. Ma sono sicura che quando finirò, il 31 maggio, inizierà un capitolo inedito della mia vita. E sarò di nuovo aperta per una relazione».
Nel frattempo abolito anche il sesso?
«Il sesso va di pari passo con l’amore, è qualcosa di fantastico solo se c’è amore. Attualmente non si ha un atteggiamento sano verso il sesso, che poi sarebbe: averne bisogno come del cibo. E questo non è che una riprova di quanto la società sia malata. In America spesso ci si astiene perché le persone sono travolte dal lavoro, non hanno tempo: magari bevono o prendono pasticche o droghe... Quando la relazione fra il corpo, il sesso e il cibo è disturbata, diventa tutto non naturale».
Lei ha una relazione sana col suo corpo, dopo avergli inferto tante cicatrici?
«Sto bene, sono probabilmente più sana - con tutte le cicatrici - di altri che non ne hanno neppure una. Perché io af fronto le mie paure e le scaccio. Quando capisci che puoi controllare il fisico, sei davvero libero».
Sarà dunque esente dalle preoccupazioni delle mortali: chili in più, rughe.
«Nel lavoro non importa se il corpo è vecchio o giovane, malato o sano. Nella vita privata, no: sono una che entra e esce dalle diete e non mi nego trattamenti - rigorosamente non invasivi – che mi facciano sentire meglio. A novembre compio 64 anni...».
Sessantaquattro? Stupefacente!
«... e a 64 anni voglio fare soltanto cose che abbiano senso, che mi rendano l’esistenza più felice e più semplice. Non si può assecondare ciò che ci viene imposto dall’esterno. Devi effettuare una sorta di montaggio della tua vita, tagliare le parti non importanti. Un lama tibetano mi detto di cercare una cosa chiamata holy selfishness, un san(t)o egotismo: se non pensi prima a te stessa e a quello che è bene per te, non puoi fare il bene degli altri. Se sei un’artista, poi, rischi di arrivare a bruciarti. Io voglio proteggermi. Anche dalle tentazioni del mercato, che ti spingerebbe a produrre, produrre. Per che cosa? Meglio avere meno e più qualità che collezionare progetti uguali – in definitiva - a quelli che hai già realizzato. Non intendo ripetermi».
L’intera intervista su “Io donna”, 13 febbraio 2010
E l'Italia del rugby batte la Scozia 13 a 6 e non prende il cucchiaio di legno.
La Settimana si chiude con l'omaggio degli omaggi di Sandro e Pietro
n'duia calabrese
e un raccontarello
Ieri oggi domani