Il pugno nero
La politicizzazione dei Giochi di Città del Messico ha il suo culmine con i Black Power, il movimento antirazzista americano cui danno una voce universale i velocisti Smith e Carlos.
Poco prima dei Giochi gli Stati Uniti avevano dato il loro parere favorevole alla partecipazione del Sudafrica, già fuori dal giro olimpico per il suo apartheid, scatenando le ire più disparate, dagli stati africani ai movimenti interni. Questo dà il là ai gesti clamorosi dei due velocisti americani di colore. La gara è quella dei 200 metri, dove Carlos parte fortissimo ma cede nel finale ad una prepotente progressione di Smith che vince con uno strepitoso record di 19.83. Tra i due americani si inserisce l'australiano Norman che è così testimone di uno dei momenti più celebri della storia olimpica: Smith e Carlos si presentano sul podio con un guanto nero e al momento dell'inno chinano il capo e sollevano il
pugno chiuso e guantato. Le immagini fanno il giro del mondo ed il Comitato Olimpico americano decide di espellere i due dal Villaggio Olimpico. La mossa però non è felicissima perché i due velocisti trovano appoggio e solidarietà immediata da altri atleti. E' il caso dei 400 metri con Lee Evans che segna vittoria e record mondiale e sale sul podio con un basco nero assieme ad altri due americani, James e Freeman. Più in generale gli atleti di colore dominano la scena di velocità e mezzofondo: l'americana Tyus è la prima atleta a confermarsi oro nei 100 metri, mentre l'Africa sbanca le gare lunghe. I keniani Keino, Biwott e Temu, il tunisino Gammoudi vincono rispettivamente 1500, 3000 siepi, 10000 e 5000, mentre l'etiope Mamo Wolde succede al connazionale Bikila in una durissima, per colpa dell'altura, maratona. Bikila è presenta e cerca lo storico tris, ma deve ritirarsi per un infortunio al ginocchio.